L’affascinante viaggio dell’attore Massimo Zordan che, seguendo la voce dell’anima, è volato dai palcoscenici italiani ai banchi di scuola americani, dove insegna la lingua attraverso il teatro a studenti di ogni età.
Di Flavia Caroppo – giornalista, corrispondente da New York

Raccontaci le tue origini nel teatro. Come hai iniziato questa avventura?
«Riferendosi agli attori, il grande Totò una volta disse che “siamo venditori di chiacchiere!”, e così la pensavo anch’io. Ma ciò che ho scoperto nel corso della mia vita da “teatrante” è che, al di là delle chiacchiere, il teatro è una voce dell’anima. Un’anima che, nella mia giovinezza a Vicenza, ha trovato la sua voce con una compagnia di giro calabrese. Avevo vent’anni, ed è successo all’improvviso, è stato un colpo di fulmine e una fuga d’amore! Questo viaggio, partendo da un treno che attraversava l’Italia dal Veneto alla Calabria, ha segnato l’inizio di una passione che mi ha portato a collaborare con artisti di calibro mondiale e vincitori del premio Nobel».
Questa “fuitina” è stata la prima tappa della tua storia d’amore con il teatro. Poi che è successo?
«Ho studiato all’Accademia Europea d’Arte Drammatica di Palmi e ho avuto la fortuna di perfezionarmi sotto la guida di luminari come Arias, Dario Fo, e Anatolij Vassiliev. Mentre esploravo le varie sfaccettature del teatro, dalla didattica alla teatroterapia, ho avuto la gioia di lavorare in prestigiose tournée con artisti del calibro di Ottavia Piccolo e Alessandro Preziosi, e di apparire in serie televisive di grande successo come “Distretto di Polizia” e “Don Matteo”. Parallelamente, mi sono dedicato alla didattica teatrale, ho creato laboratori teatrali su temi come il disagio mentale e ho fondato diverse compagnie, tra cui la Compagnia Cajka, con cui ho portato il teatro in barca a vela nei porti del Mediterraneo».
Sei venuto in barca a vela dai porti del Mediterraneo a New York?
«Magari, sarebbe stato avventuroso! In realtà ho preso un molto meno romantico aereo, e non sono neppure venuto qui con l’idea di fare l’insegnante! Il mio piano era di fare una lunga vacanza, rinfrescare il mio inglese e aiutare un’amica che si stava trasferendo nella Grande Mela con suo figlio, che avrebbe cominciato la scuola.
E proprio grazie al mio ruolo di “nanny” ho scoperto, e sono stato scoperto, da una scuola internazionale italiana che, riconoscendo il mio talento, mi ha invitato a far parte del corpo docenti come insegnante di materie teatrali. Da allora, era il 2014, vivo a New York, combinando le mie passioni: l’insegnamento e il teatro».
Com’è questa famosa scuola americana vista dall’interno?
«Senza entrare troppo nei dettagli tecnici, diciamo che mentre il sistema italiano enfatizza la cultura generale e la presentazione orale, il sistema americano si concentra sulle connessioni tra argomenti e dà priorità ai test. Ma in entrambi i sistemi, il teatro ha il potere di unire e insegnare».

Come si insegna il teatro ai bambini in America?
«Le mie lezioni sono un riflesso della mia vita: ciascuna è un viaggio. Mi vedo come un comandante di barca, che indica la rotta e poi si affida al suo equipaggio per raggiungere l’approdo. E come un comandante di barca guida i suoi marinai, io cerco di guidare i miei studenti verso nuove scoperte.
È un processo collaborativo, dove ogni allievo ha un ruolo fondamentale. L’obiettivo è creare inclusione attraverso il teatro e, per farlo, utilizzo giochi che richiamano quelli dell’infanzia e risvegliano emozioni e capacità nascoste all’interno di ciascuno di noi. La nostra interazione attraverso il teatro diventa un mezzo naturale per apprendere e applicare la lingua italiana in vari contesti comunicativi».
Come hai unito il teatro con l’insegnamento della lingua italiana?
«Fondamentale è stata la mia collaborazione con il Prof. Daniel Bellissimo, tra i più noti esperti di “italiano come seconda lingua”. Insieme abbiamo sviluppato un metodo che combina glottodidattica e tecniche teatrali, integrando queste ultime nell’insegnamento delle lingue. Questo metodo unico valorizza la comunicazione non verbale e l’espressione emotiva nel processo di apprendimento della lingua. Abbiamo sviluppato un manuale multimediale che enfatizza l’importanza della dedizione, dell’amore e della passione nell’apprendimento. La nostra metodologia è stata anche arricchita da una collaborazione di quattro anni con il Middlebury College del Vermont, un’istituzione rinomata nell’insegnamento delle lingue straniere. Abbiamo presentato i nostri workshop in prestigiose istituzioni come la Montclair University del New Jersey, l’Orsuline School e il Manhattan College, per citarne alcune. Il nostro lavoro ha guadagnato l’attenzione di enti come il Consolato italiano a New York e il Ministero della pubblica Istruzione. Queste collaborazioni hanno dimostrato che il nostro “viaggio” ha creato un ponte significativo tra le culture, facilitando l’apprendimento dell’italiano attraverso il teatro».

Questo metodo funziona solo sui bambini?
«Assolutamente no. La scuola, intesa come luogo dove si insegna, e la capacità di apprendimento è intergenerazionale e universale. Ogni nazione, ogni cultura e ogni lingua hanno qualcosa di unico da offrire. Il teatro è una straordinaria piattaforma interattiva per insegnare e apprendere una lingua in modo dinamico e divertente per studenti di ogni età. Ogni nostra lezione risveglia le emozioni e le capacità innate in ogni individuo, la tecnica può essere applicata ad ogni lingua».
Quali saranno le prossime tappe del viaggio di Massimo Zordan?
«Soltanto il tempo lo dirà. Ma una cosa è certa: il desiderio di imparare e di condividere rimane costante, indipendentemente dalla lingua o dalla geografia. E come i marinai di Colombo che, alla scoperta di nuove rotte, scoprirono le Americhe, io continuerò a navigare verso nuovi orizzonti cercando di scoprire nuove strade nell’insegnamento e nell’arte. Perché l’apprendimento è un viaggio senza fine. Il mio viaggio non è ancora finito e la mia missione rimane la stessa: esplorare, scoprire e condividere»!