Gestazione e travaglio del mio tempo
Di Andrea Tomasini – giornalista scientifico

Certe volte mi trovo persuaso del fatto che rinascere sia prendere due volte la stessa fregatura. Poi respiro profondamente e, con tutto quello che c’è e che manca nella vita mia, faccio pace.
Rinascere non è compiere metamorfosi. È tornare dopo un’assenza – sia il distacco sia il ritorno, che appaiono così nell’ordine delle cose configurandolo: a ben vedere un ordine più circolare che lineare. Un ciclo, nella cui rotazione si immagina di vedere o si decide di fissare snodi che segnano e contengono in sé la fine e, contiguo se non addirittura congruente, l’inizio.
Sovrapposizioni. Occorrerebbe fasarsi, aderire alle fasi del ciclo e allinearsi. Invece mi accade che prima il bianco delle pratoline, poi il fucsia dei fiori dell’albero di Giuda – fiori che aderiscono direttamente al tronco, che ardire- e poi il verde esultante che affiora ovunque: tutto ciò mi appare sfacciato perché mi anticipa e mi obbliga a correre per stare nella durata, per abitare nel ciclo. L’inizio mi appare sempre sfacciato e troppo precoce rispetto al mio stato d’animo.
Poi cedo. Tornano i colori e torna la luce. Le giornate si dilatano e io ho più possibilità di perder tempo, indugiando nell’illusione che il tempo si stia allungando dandomi più spazio…