I Lukonauti, il primo libro di Isabella Maria Streicher
( Vitrend edizioni euro 16 ,pag 224)
A cura della Redazione

Il numero di Generazioneover60 dedicato alla rinascita ci è sembrato il posto giusto per parlare di un libro che nasce da una vicenda drammatica, ma è prima di tutto una storia di amicizia e di bellezza, un vero e proprio inno alla vita. L’autrice, tedesca di origine, racconta in italiano gli ultimi mesi del marito Luca, un celebre liutaio colpito da un tumore al cervello che non gli ha lasciato scampo. Ma parla soprattutto di vita, la vita che c’è anche nei momenti più drammatici con la gioia di un incontro, di un biscotto speciale o di una musica. E soprattutto quella del dopo, che l’autrice scopre ed esplora dopo aver perduto – o forse, direbbe lei, aver visto passare in un’altra dimensione- un compagno che le ha dato tantissimo ma che in qualche modo forse le ha reso impossibile essere se stessa fino in fondo. Il risultato è un libro che è anche, come scrive nella prefazione Paola Emilia Cicerone, “un percorso terapeutico che rievoca una vicenda drammatica e un lutto, eppure è capace di dare gioia, di raccontare la morte non come la fine di tutto ma come passaggio”.
E’ la storia di Isabella, ma anche una storia corale in cui ci sono le famiglie, la sua e quella di Luca, e i figli Maria e Nicolò, informati fin dall’inizio della drammaticità della situazione e costretti a crescere in fretta in una vicenda più grande di loro. Ma soprattutto ci sono gli amici, sgomenti ma pronti a rispondere quando Isabella, che è abituata a cavarsela da sola, lancia una richiesta di aiuto. I Lukonauti nascono così, dal nome del gruppo Whatsapp creato per tenere tutti informati e coordinare visite e aiuti. E subito diventano “la tribù di Luca”. E’ una suora africana, infermiera nell’ospedale dove Luca è ricoverato, a rispondere a Isabella che si scusa con lei per l’andirivieni di amici che potrebbe disturbare la routine del reparto, di non preoccuparsi: “nel mio paese”, ricorda suor Melanie, “quando qualcuno sta male viene tutta la tribù”. Ed è solo un esempio, tra i tanti citati nel libro, di come la sensibilità, l’attenzione al paziente – e alla sua famiglia – facciano la differenza anche quando apparentemente c’è poco da fare.
Nei mesi di malattia i Lukonauti aiutano in tutti i modi possibili, con cibi appetitosi che offrono un momento di conforto alla famiglia e al malato, musica, consigli e soprattutto presenza: molti non si conoscono tra loro, ma attraverso Luca e Isabella si scoprono comunità. Capace di offrire momenti di leggerezza ma anche di agire quando necessario, e di dare conforto nei momenti dolorosi.
Tutta la prima parte del libro è un alternarsi di dramma e momenti di bellezza: “Ha smesso di piovere, sta sorgendo una giornata limpida e tutt’a un tratto vedo”: è la frase, scritta nelle fasi drammatiche della malattia, che Isabella ha scelto di riportare nell’incipit del volume. “Vedo tutto questo mondo qui fuori nella sua bellezza, i colori mi sembrano più vivaci e nitidi, la pioggia ha lavato tutto e ora miriadi di goccioline brillano dappertutto. Forse sarà la giornata più triste della mia vita, ma in questo momento tutto mio non sono triste, non lo so spiegare. Ma mi sembra incredibilmente bello il fatto di essere viva, di vivere in questo mondo”.
E anche il rito solenne del funerale di Luca, con la musica e gli uccellini origami preparati dai compagni del figlio Nicolò, si conclude con un aperitivo collettivo che è un enorme abbraccio a Isabella e alla sua famiglia, ma anche un modo per celebrare la vita.
E i Lukonauti – alcuni dei quali hanno contribuito al libro con testimonianze che rendono la storia più ricca e sfaccettata – restano accanto alla famiglia anche nei mesi e negli anni raccontati nella seconda parte del libro: un viaggio esistenziale in cui Isabella, i suoi figli e quanti sono loro vicini scoprono, e fanno scoprire a chi legge, che i momenti dolorosi non cancellano la speranza e la gioia che possono venire da un nuovo lavoro, da un viaggio o dal profumo della primavera.

Così, seguiamo l’autrice nelle esperienze lavorative, dall’incontro con i suoi piccoli alunni – che le fa dire, di fronte a certe drammatiche vicende familiari, che bisogna comunque essere grati di avere una famiglia relativamente normale, affetti, solidità – alle esperienze come sommelier che raccontano la sua passione per il vino ma soprattutto per la “gente del vino”, le loro storie e la loro vita.
E poi ci sono le amicizie, il Tai Chi Chuan, una delle grandi passioni di Isabella, i viaggi con i figli e anche l’amore, come è giusto che sia nella vita di una giovane donna: una storia che comincia e poi si conclude con qualche rimpianto e molto affetto. E in mezzo a tutto questo c’è lei, Isabella: non a caso nel libro ci sono due capitoli intitolati Io e un altro dedicato a un Inventario che è soprattutto un percorso esistenziale, la ricerca e la scoperta di se stessi. E’ proprio questo che dà al libro una marcia in più, ricordandoci che non dobbiamo aver paura di scoprire, anche nei momenti più duri, le cose belle. E per chi legge, la storia raccontata da Isabella è un invito a non lasciar passare i momenti felici della vita senza apprezzarli fino in fondo.