Dalla penna e calamaio alla password dimenticata

 Una vita all’inseguimento del progresso

Di Luciano Ragno – giornalista

Questa è la storia di un inseguimento. Finito con una sconfitta.

Nasco con la penna e il calamaio. Quello incastrato nel banco. Sul quaderno a righe o a quadretti: svolgimento del tema, addizione e sottrazione. Ma anche pensieri, al limite della riflessione.

     E con penna e il calamaio scavalco una guerra e il dopoguerra.

  Un giorno irrompe il progresso nel mio piccolo mondo. La novità, clamorosa, è la “biro”: nasce nel 1938 ma arriva da noi nel 1948. Un pennino che non punge e non macchia. E senza dover intingere. Svolgimento, conti e pensieri anche seduto ai giardini con la penna in tasca.

     Mi adeguo subito.   E’ sempre una penna. “La penna è la lingua dell’anima”, disse Miguel de Cervantes.

   Ma il progresso, adesso che i pensieri stanno diventando articoli per la pagina di Foligno de “Il Messaggero”, si fa inseguire. E un giorno mi trovo in redazione davanti  a una macchina più alta di me.

   Nera, piena di pulsanti bianchi e un nome impronunciabile: “Remington”.  E accanto tanti fogli bianchi.  E nasce un’emozione: la macchina mi ubbidisce. Anzi, danzano con me quei martelletti con un sottofondo fatto di piccoli suoni.

   Quel foglio bianco che raccoglie i miei pensieri ha la stessa pazienza del quaderno a quadretti. Mi attende. Aspetta il mio pensiero, lo raccoglie e lo mostra.  Una riga dopo l’altra.  Fino in fondo al foglio bianco che, in un attimo, acquista un nome che, per chi ama la professione di giornalista, è magia: ARTICOLO.

    Progresso, ti ho raggiunto. Mi adeguo.

   Ma il progresso ha sette vite. Non si ferma mai.  Un giorno il Nobel John  Carew Eccles mi dirà che “Il progresso è come il tempo. Fugge via, non si fa prendere. Chi prova a fermarlo, lo tiene per un attimo ma lui riprende ad andare avanti”.

  E un giorno non vedo più la “Remington”: peccato, eravamo diventati amici. Sul tavolo c’è lei, semplice nella sua eleganza. E’ la “Olivetti Lettera 22”.  “Leggera come una sillaba. Completa con una frase”, recita una pubblicità. Acquistata con i risparmi, diverrà inseparabile. Amata come un’amante. Vivremo insieme una lunga storia d’amore andando a raccontare su “Il Messaggero” il mondo, vedendolo di persona.

    Mi adeguo anche a questo passo avanti del progresso. Non solo nel mio mondo, quello della scrittura, ma nella Società che cambia idee e costumi.  Cadono confini, non solo geografici. Si allentano i vincoli- soprattutto i pregiudizi- del passato. Mi piace la Società che cresce. Faccio il possibile per vivere i tempi.

     E un giorno la mitica “Olivetti Lettera 22” da paziente e ubbidiente sceglie di diventare importante: diventa elettrica.  Mi adeguo con difficoltà. Ma è la legge del progresso in una Società in un’evoluzione che sta prendendo sempre più slancio.

     Continuo ad adeguarmi.

   E arriva il colpo di scena: il computer. E l’esplosione di internet. “Internet dove c’è tutto e il contrario di tutto” ha detto Piero Angela.

   Il mondo improvvisamente non è più quello di prima. E’ racchiuso in attimi: quello della conoscenza, quello della comunicazione e quello dei rapporti interpersonali.

    Io, generazione della penna e calamaio, quella dei tempi lenti che lasciavano spazio al ragionamento, mi devo per forza adeguare.  E ci riesco con estrema difficoltà, rendendomi conto che non posso oppormi.  Resistere sarebbe rimanere indietro. Un giorno su un muro un anonimo scrisse: “ Insistere, persistere, resistere e mai desistere”. Mi aveva letto nel pensiero

    E nella Società che corre non con il passo della Maratona ma con il guizzo dei 100 metri partecipo alla competizione.  Ho difficoltà a reggere il ritmo della tecnologia ormai regista assoluta, ma sono perfettamente al  passo con l’evoluzione della Società. Proprio la saggezza accumulata nei decenni mi aiuta a collaborare a quel processo del distacco dal passato con la conquista di diritti un tempo negati. Alcuni: divorzio e aborto. E quello poco conosciuto: la fine del matrimonio riparatore.

   A questo punto mi illudo di essere alla fine dell’inseguimento. Mi illudo che la Società abbia la capacità di guardarsi intorno. E scoprire che è ancora una realtà la generazione della penna e calamaio. E abbia la coscienza di riconoscere che va rispettata. Non foss’altro per averla portata a questo livello di civiltà.

 Eterno illuso. Mi rendo conto che tutto è a misura di chi sa confrontarsi con la tecnologia. Ci riesce perché è nato con la tecnologia. Ne afferra subito i segreti e modi e tempi per gestirla.

   Tempi e modi che il peso degli anni invece rallenta. Ma la Società non ne tiene conto con quel “spinga uno… spinga due”, e con quel dirti, da dietro uno sportello, che la tua pratica non può andare avanti perché non sei stato pronto a citare un numero o quegli “otto caratteri, uno maiuscolo, un numero e non dimenticare un simbolo”.

      “Eppure l’avevo segnata su un foglio, dove è finita? Mi scusi, torno domani”.  Sudditi della password.

         Addirittura: al cellulare risponde un robot. Click, meglio chiudere.

     Ormai la generazione della penna e calamaio- presente nella realtà dell’oggi, attiva e talvolta anche protagonista (un dettaglio non piccolo: paga le tasse) -è in crisi davanti alla tecnologia.  E’ importante, non ne dubito. Però mi vengono in mente le parole di Albert Einstein: “È diventato terribilmente ovvio che la nostra tecnologia ha superato la nostra umanità”.

   Una Società che corre e non ha la pazienza di attendere chi quella Società ha costruito. E che può trovarsi ad affrontare sfide con la salute, la solitudine e le difficoltà economiche.

L’ha detto con parole piene di umanità Papa Francesco: “Grazie ai progressi della medicina la vita si è allungata: ma la Società non si è ‘allargata’ alla vita! Il numero degli anziani si è moltiplicato, ma le nostre Società non si sono organizzate abbastanza per fare posto a loro, con giusto rispetto e concreta considerazione per la loro fragilità e la loro dignità. Un mondo dove emergono tutte le lacune di una Società programmata sull’efficienza, che conseguentemente ignora gli anziani”.

“La vecchiaia arriva improvvisamente, come la neve. Un mattino, al risveglio, ci si accorge che è tutto bianco” ha detto Jules Renard.
  Ma una Società civile dovrebbe essere pronta ad attenderla. Addirittura essere onorata di abbracciarla dopo un inseguimento lungo una vita.

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