A Rimini un incontro decisivo per far luce sullo scenario attuale e su quello futuro che ci riserva una materia ingiustamente non conosciuta e apprezzata come meriterebbe
Di Minnie Luongo – giornalista medico-scientifica

Di genetica ultimamente sentiamo parlare spesso in televisione per via dei fatti di cronaca nera. Ma che cosa conosciamo davvero del lavoro, e della preparazione, che hanno queste importanti figure professionali che sono i genetisti?
A Rimini dal 23 al 25 settembre si è svolto il 28° Congresso Nazionale della Società Italiana di Genetica Umana (SIGU): un incontro tra scienza e società, che ha posto l’intelligenza artificiale al centro della “rivoluzione genetica”. Tanti i temi trattati: si è parlato anche di genetica forense, che rivoluzionerà le indagini scientifiche, di terapie avanzate e di drug reporuposing che sono già realtà. Inoltre, sono state pubblicate e rese note le nuove linee guida sui test di farmacogenetica, di cui tratteremo ampiamente nel prossimo numero di “GenerAzione Over 60”, grazie all’intervista che ci ha concesso il professor Matteo Floris.
Questo mese riportiamo per l’intero l’intervista a Paolo Gasparini, quasi giunto al temine dei suoi tre anni di Presidenza SIGU, Professore Ordinario di Genetica Medica all’Università di Trieste, Direttore del Servizio di Genetica Medica e del Dipartimento per Diagnostica Avanzata e Sperimentazione Clinica presso l’IRCCS Burlo Garofolo a Trieste

Presidente, ci spiega che cosa si intende per “ terapie avanzate”?
“Con il termine di terapie avanzate (Advanced Therapy Medicinal Product o ATMP) si indicano quelle terapie o farmaci innovativi che si differenziano dai farmaci più “classici” perché non si basano su molecole prodotte per sintesi chimica, bensì su DNA o RNA, cellule e tessuti. Le terapie avanzate sono il frutto degli enormi progressi compiuti negli ultimi vent’anni nel campo delle biotecnologie: offrono nuove opportunità per la prevenzione o il trattamento di gravi patologie che hanno opzioni terapeutiche limitate o assenti, quali malattie genetiche, malattie croniche e tumori. Le terapie avanzate oggi possono essere suddivise principalmente in quattro tipologie: le terapie geniche, le terapie cellulari, i prodotti di ingegneria tissutale e le terapie avanzate combinate ai dispositivi medici. Per quanto riguarda le terapie geniche parliamo di farmaci che hanno l’obiettivo di trattare malattie causate da geni difettosi fornendo all’organismo una copia funzionante del gene difettoso”.
L’Italia ha un ruolo nell’ambito delle terapie avanzate?
“In questo ambito l’Italia ha una posizione di eccellenza a livello internazionale: basti pensare che la prima terapia cellulare approvata sul mercato europeo è italiana (Holoclar), e diverse sono le terapie geniche già approvate frutto di ricerche made in Italy, come Strimvelis, uno dei primi successi mondiali della terapia genica ex vivo, firmato da un consorzio guidato da scienziati italiani. Molte ancora sono le terapie in corso di sperimentazione clinica o in fase avanzata di approvazione, messe a punto da ricercatori italiani.” Dietro questo successo dunque c’è una comunità nazionale di biologi cellulari e genetisti medici altamente qualificati, in larga parte rappresentati dalla SIGU, capaci di portare avanti studi pionieristici nonostante risorse limitate e percorsi burocratici complessi”.
Dallo sviluppo all’approvazione di una terapia avanzata oggi: quanto tempo è necessario e quali sono i passaggi?
“La strada per ottenere una terapia avanzata è lunga: dalla ricerca di base alla sperimentazione clinica, per arrivare al letto dei pazienti le fasi da superare sono tante. Parliamo di processi produttivi sofisticati e costosi, della necessità di centri clinici altamente specializzati, ma anche di questioni etiche e regolatorie in continua evoluzione. Sfide che riguardano la sostenibilità, ma anche la sicurezza e il benessere di quanti partecipano agli studi clinici. Sfide che devono essere affrontate sia a livello nazionale, che a livello di Comunità Europea”.
Lei è anche membro del Comitato Etico Nazionale per le sperimentazioni cliniche relative alle terapie avanzate (CEN-ATMP). Di che cosa si tratta esattamente?
“Il CEN ha la funzione di tutelare i diritti, la sicurezza e il benessere dei soggetti che partecipano in Italia ad una sperimentazione clinica con una terapia avanzata, esprimendo, dopo un’attenta ed approfondita valutazione di ciascun protocollo sperimentale, il proprio parere che può essere favorevole, favorevole condizionato o negativo. È per me un onore portare il contributo della genetica medica italiana nel CEN-ATMP, ricordando che il genetista medico è una figura essenziale non solo per quanto riguarda la ricerca in ambito terapie avanzate, ma anche e soprattutto nella sperimentazione clinica e nella pratica clinica. Le sfide etiche che oggi le terapie avanzate ci pongono devono essere affrontate con competenza e visione. Per questo desidero ringraziare il Ministro per la nomina, lieto di mettere la mia esperienza a disposizione della comunità medico-scientifica italiana”.
Professore, non dimentichiamo che Lei è inoltre rappresentante dell’Italia nel CHMP (Committee for Medicinal Products for Human Use) dell’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) ed è stato per 12 anni membro del CAT (Committee for Advanced Therapies) dell’EMA, che si occupa specificamente delle terapie avanzate.
“Il CHMP è il Comitato per i medicinali ad uso umano dell’Agenzia Europea per i Medicinali, l’EMA. È il gruppo di esperti che valuta tutti i nuovi farmaci prima di una loro immissione sul mercato europeo. Quando viene sviluppato un nuovo medicinale, viene inviato all’EMA un dossier con tutti i dati su efficacia, sicurezza e qualità del prodotto. Il compito del CHMP è analizzare in profondità queste informazioni: dagli studi clinici ai risultati di laboratorio valutando ogni elemento che possa risultare utile a capire se il medicinale funziona davvero e se i suoi benefici superano i possibili rischi. Al termine di questa valutazione, il CHMP emette un parere: se è positivo, la Commissione Europea può autorizzare il medicinale in tutti i Paesi dell’Unione; se invece è negativo, il farmaco non può essere commercializzato. Inoltre, si continuano a monitorare i farmaci già in uso: se emergono nuovi dati di sicurezza, possiamo rivederne l’autorizzazione. In sostanza, il CHMP è un passaggio cruciale per garantire che ogni nuovo farmaco disponibile in Europa sia sicuro, efficace e di qualità”.
In questi ultimi anni una parte del lavoro del CHMP è stata destinata a valutare prodotti che rientrano in quella che definiamo “strategia del drug repurposing”; di che si tratta?
“La strategia del drug repurposing — o riposizionamento di farmaci — sta guadagnando terreno nel campo della ricerca biomedica. Si tratta di riutilizzare farmaci già approvati per altre indicazioni terapeutiche, studiandone l’efficacia contro patologie differenti, spesso rare e trascurate dall’industria farmaceutica. Questo approccio offre vantaggi decisivi: riduce tempi e costi di sviluppo, e sfrutta farmaci già noti per sicurezza e tollerabilità. Per le malattie rare, che colpiscono un numero limitato di pazienti e ricevono pochi investimenti, il drug repurposing rappresenta spesso l’unica via realistica verso nuove cure”.
Qualche esempio di casi di successo?
“La rapamicina, originariamente sviluppata come immunosoppressore nei trapianti, è stata riproposto nel trattamento della linfangioleiomiomatosi (LAM), una malattia rara polmonare. Studi clinici hanno dimostrato che rallenta la progressione della malattia e migliora la funzione respiratoria. L’eculizumab, nato come farmaco contro l’emoglobinuria parossistica notturna, è stato successivamente approvato anche per la sindrome emolitico-uremica atipica (aHUS), un’altra patologia rara a base autoimmune.
Forse però l’esempio più eclatante è la talidomide: celebre per i gravi effetti teratogeni scoperti negli anni 60-80, è stata “riabilitata” come terapia per il mieloma multiplo. A Trieste stiamo portando avanti con successo una sperimentazione di drug-repurposing per una malattia genetica rara di nome Sindrome di White-Sutton”.
Che ruolo ha la genetica medica in tutto questo?
“Il riposizionamento dei farmaci potrebbe diventare il pilastro della medicina personalizzata, garantendo terapie sostenibili per chi oggi non dispone di alternative o difficilmente potrà accedere ad una terapia innovativa. La genetica medica è essenziale in questo percorso fornendo precise informazioni sulle cause biologiche delle patologie. La mole di dati che la genomica ha fornito e continua a fornire permette ogni giorno di più l’identificazione di corrispondenze tra target genetici e molecole (farmaci) note. Questo riduce ovviamente tempi, costi e rischi per i pazienti rendendo il drug repurposing molto più mirato, aumentandone notevolmente la percentuale di successo. In questo contesto di approccio multidisciplinare alla medicina personalizzata il ruolo del genetista medico non piò che essere centrale e direi anche … cruciale”.
Professore, dopo tutte questa importanti informazioni e dettagliate spiegazioni, sorge spontaneo il sospetto, se non la certezza, che la genetica sia ancora una sorta di Cenerentola agli occhi dei non addetti al lavori…
“In effetti c’è un buco di conoscenza nella comunicazione a questo riguardo. Per questo fra gli obiettivi della SIGU rientra quello di far conoscere la genetica, in primo luogo aumentando il numero degli specializzandi. Non nascondo che ciò non risulta facile perché molti colleghi ci vedono come chi ‘toglie spazio’ al loro lavoro di pediatri, neurologi, cardiologi… Purtroppo, non conoscendo a fondo la genetica, questo può portare a commettere errori (vedi per quanto riguarda le nuove terapie per combattere l’Alzheimer). Insomma, come in ogni ambito, ma soprattutto se si tratta di medicina, l’improvvisazione è la prima cosa da mettere al bando”.

SIGU – Società Italiana di Genetica Umana. Nata nel 1997 dalla fusione di ‘Associazione Italiana di Genetica Medica’ e ‘Associazione Italiana di Citogenetica Medica’, SIGU si propone come interlocutore principale per questioni di carattere scientifico e sanitario che riguardano la Genetica Umana in tutti i suoi aspetti applicativi all’uomo. Con all’interno più di 1.000 genetisti medici e biologi e 17 sezioni regionali, SIGU intende collaborare con coloro che in Italia sono interessati alla ricerca e ad ogni tipo di approfondimento relativo alle discipline Genetica Medica e Genetica Umana. Nello specifico, gli obiettivi sono: elaborare criteri di qualità per i laboratori di Genetica Medica operanti nell’ambito delle strutture sanitarie pubbliche e private; contribuire alla stesura di linee guida nel settore della ricerca Genetica Umana; promuovere con ogni mezzo la pubblica consapevolezza sulle funzioni, le potenzialità e i limiti delle tecniche diagnostiche di Genetica Umana. SIGU, dotata di un Consiglio Direttivo, un Comitato Scientifico e un Comitato Editoriale, è strutturata in Commissioni e diversi Gruppi di Lavoro: tra questi Citogenomica Genetica Prenatale e Riproduttiva, Genetica Clinica, Epigenetica, Genetica Oncologica, Genetica Forense, Scienze Omiche, Farmacogenomica, SIGU Sanità, Specializzandi e Multifattoriali.
