Se la notte del 31 ottobre vi sembrasse di non potervi muovere e di percepire una presenza accanto a voi…, beh: non è (solo) Halloween. È il vostro cervello che, per un istante, si diverte a farvi paura
Di Edoardo Rosati – giornalista medico- scientifico

Zucche illuminate, dolcetti repellenti e brividi garantiti: è Halloween, la notte in cui la paura fa spettacolo. Ma c’è un incubo ben più reale di qualunque leggenda: quello che ci inchioda nel letto, gli occhi sbarrati, la muscolatura ibernata, il corpo inerte, incapace di muovere un solo dito. È la paralisi del sonno.
Ricordate il celeberrimo dipinto? Una giovane donna dorme abbandonata sul letto, il capo piegato di lato, un braccio che scivola verso il vuoto. Un folletto maligno giace sul suo petto, mentre dal buio emerge una cavalla dai globi oculari vitrei. È L’incubo di Johann Heinrich Füssli (1781), forse l’immagine più potente che l’arte abbia mai dedicato ai terrori notturni. E che, più di ogni zucca ghignante, racconta l’angoscia universale di chi si sveglia nel buio, incapace di muoversi, mentre qualcosa ─ o qualcuno ─ sembra osservarlo…
La scienza chiama oggi il fenomeno sleep paralysis, ma i sintomi suonano come un perfetto racconto dell’orrore. Ci si risveglia coscienti durante la fase REM, quella dei sogni vividi, ma il corpo resta cristallizzato nel blocco fisiologico che di norma protegge ─ noi e chi ci sta accanto ─ dai movimenti inconsulti indotti dall’esperienza onirica. In quei momenti si è vigili ma prigionieri delle proprie membra. E la paura, eccola!, prende il sopravvento. Un’angoscia arcaica, che andrebbe ricollegata a un’attivazione dell’amigdala – il centro cerebrale che gioca un ruolo cruciale nella gestione delle emozioni – e innesca visioni tanto reali quanto perturbanti.
Fino al 20% dei giovani adulti vive almeno una volta nella vita questa esperienza: il cervello è sveglio, ma i muscoli dormono ancora. E il torace, stretto da una forza impalpabile, non riesce a reagire.
Il cinema poteva restarne indifferente? Certo che no. Nel film Slumber – Il demone del sonno (2017), diretto da Jonathan Hopkins, una neurologa tenta di spiegare razionalmente l’incubo di un bambino perseguitato da una presenza malvagia: «Credi di essere sveglio, ma il tuo cervello sta ancora sognando!». Eppure, proprio come nell’Esorcista, la scienza finisce presto per arrendersi al mito. Dietro il disturbo del piccolo paziente, si cela Nocnitsa, la strega della notte della tradizione slava, che ruba l’energia vitale dei dormienti. La pellicola si apre con una sequenza di voci, testimonianze di chi ha sperimentato il disagio: «Se ne stava ai piedi del letto… Non aveva una faccia… Mi sveglio, ma non posso muovermi… È come se fossi paralizzato… Mi arriva questa forza sul petto che opprime… Era come se il buio m’ingoiasse… L’Uomo Ombra è violentissimo… Quella vecchia strega mi prende e io penso che morirò». Parole che sembrano provenire da un incubo collettivo, ma che la neurofisiologia riconosce come il riflesso amplificato di un cervello sveglio intrappolato nel corpo apatico. Eppure, ascoltandole, chi non penserebbe per un attimo che qualcosa di malefico abbia davvero attraversato la camera da letto?
Indugia sul fenomeno anche il documentario The Nightmare (2015) di Rodney Ascher, dove otto persone raccontano le proprie notti con gli Uomini Ombra: figure scure, dai contorni sfumati, che si muovono lente nella stanza, spesso guidate da un essere più alto, con un cappello a larga tesa. «Sembra che tutta l’oscurità prenda vita», dice uno di loro. Alcuni rifiutano l’idea che si tratti di un semplice guasto neurologico e parlano invece di un “tiro alla fune” tra Bene e Male, come se il sonno fosse il portale segreto verso una realtà “altra”…
Del resto, ogni Paese vanta i suoi demoni del sonno. L’Italia ne è piena: nelle Marche e in Abruzzo c’è la Pandafeche, strega o gatto spettrale che si posa sul petto dei dormienti (la cinematografia nostrana non ha resistito al fascino del tema: ispirato da queste suggestioni: Emanuele Scaringi ha firmato nel 2022 Pantafa, con Kasia Smutniak, un horror in cui la paura si condensa nel buio sospeso di un remoto villaggio di montagna); il Piemonte ospita la Carcaveja, la “vecchia che preme”; in Romagna vagola il Mazapégolo, ibrido tra un gatto e una scimmietta; in Sardegna si aggira l’Ammuntadore che muta forma a seconda della vittima; a Lucca danza il Linchetto; a Napoli il Munacieddu siede sulla pancia dei malcapitati; nel Salento Lu Laurieddhu soffoca uomini e donne nel sonno; e perfino nei Grigioni svizzeri si parla del Derscialet, un perfido diavoletto che si accovaccia sul petto dei montanari.
Un’enciclopedia di mostriciattoli notturni, scaturiti secoli prima che la neurologia svelasse la fase REM, ma sorprendentemente coerenti con la sua fisiologia. E così, mentre nella notte di Halloween i bambini mascherati bussano alle porte per reclamare dolcetti, gli adulti possono ritrovarsi a fare i conti con un’altra, più disturbante incarnazione dell’oscurità: quella che sopraggiunge quando il corpo riposa ma la mente veglia. Forse è per questo che L’incubo di Füssli ci inquieta ancora: perché parla di qualcosa che non appartiene unicamente alla sfera della narrazione fantastica, ma alla nostra biologia più profonda.
E se la notte del 31 ottobre, nel silenzio ovattato della stanza, vi sembrasse di non potervi muovere e di percepire una presenza accanto a voi…, beh, ricordate: non è (solo) Halloween. È il vostro cervello che, per un istante, si diverte a farvi paura!
