C’è un pregiudizio silenzioso che trasforma l’età in una barriera e isola gli Over in una nuova solitudine. La società che teme l’invecchiamento finisce per rimuovere la bellezza della continuità, dell’esperienza, della maturità creativa
Di Danilo Ruggeri – giornalista medico-scientifico

Introduzione
A un certo punto della nostra vita qualcuno ci dice che “ormai è tardi”.
Tardi per cambiare, per imparare, per creare.
Tardi perfino per sognare.
Eppure la storia continua a smentire questa voce stanca: Pablo Picasso dipingeva all’alba dei 90 anni con l’urgenza di un ventenne; Rita Levi Montalcini entrava in laboratorio quando altri avrebbero scelto il riposo; Toni Morrison scriveva ancora con l’intensità di chi vede ogni storia come la prima e l’ultima; Renzo Piano continua a progettare nuovi capolavori architettonici; Andrea Camilleri ha continuato a scrivere i suoi romanzi fino alla fine dei suoi giorni; Ennio Morricone ha composto colonne sonore e diretto concerti fino a oltre 90 anni.
Viviamo in un’epoca che celebra la giovinezza come unica stagione possibile del talento, mentre mette tra parentesi tutto ciò che viene dopo. È l’ageism o ageismo tradotto in italiano, cioè il pregiudizio silenzioso che trasforma l’età in una barriera, un fenomeno che contribuisce a marginalizzare gli individui anziani in molteplici contesti. Nonostante la maggior parte delle persone senior mantenga buona salute e capacità, prevalgono stereotipi di fragilità e incompetenza che influenzano negativamente l’accesso alle opportunità e ai servizi, ivi compresi quelli sanitari. Ma se guardiamo davvero alla cultura, all’arte, alla letteratura, ci accorgiamo che la creatività ha un respiro più lungo della nostra idea di “vecchiaia”. Questo articolo è un invito a ribaltare lo sguardo, focalizzandoci in particolare sui risvolti socio-sanitari di questa interpretazione fortemente limitativa della cosiddetta terza età.
Il problema dell’ageismo
L’ageismo – la discriminazione basata sull’età anagrafica – è un termine coniato negli anni ’60 dal gerontologo Robert Butler per descrivere il “processo di discriminazione nei confronti degli individui anziani”.

Con l’invecchiamento demografico globale, che prevede un aumento significativo della popolazione over 65 nei decenni a venire, diventa sempre più urgente comprendere e combattere l’ageismo per costruire una società più equa e inclusiva. Tale sfida coinvolge ambiti diversi, dalla rappresentazione mediatica al mondo del lavoro, fino alle pratiche sanitarie, come evidenziato nei casi di limitazioni nella prescrizione farmacologica basata esclusivamente sull’età, che rischiano di compromettere la qualità delle cure. Contrastare l’ageismo significa sia modificare atteggiamenti culturali che adottare politiche e pratiche basate su valutazioni personalizzate che rispettino la diversità delle condizioni individuali.
La Carta di Firenze Contro l’Ageismo
Il fenomeno sociale dell’ageismo è stato identificato dal Decennio delle Nazioni Unite per l’Invecchiamento Sano (2021–2030) come un ostacolo globale che limita le opportunità degli anziani di contribuire alla società e di condurre una vita appagante. Riconoscendo questa sfida, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha istituito la Campagna Globale per Combattere l’Ageismo.
In questo contesto cruciale, un gruppo internazionale di esperti di geriatria, capitanati dal professor Andrea Ungar, geriatra e cardiologo dell’Università di Firenze, ha elaborato la Carta di Firenze Contro l’Ageismo, un documento fondamentale che denuncia come l’ageismo sia pervasivo e dannoso all’interno dei sistemi sanitari, e propone azioni concrete per affrontare questa piaga e promuovere la longevità sana.
Nonostante la massiccia crescita del numero e della percentuale di persone anziane nella popolazione mondiale e l’aumento della prevalenza di multimorbilità e disabilità, l’assistenza agli anziani rimane insoddisfacente. Per centinaia di anni, l’approccio medico si è concentrato sulla diagnosi, gestione e cura di singole malattie. Il mantra “un paziente—un problema” (one patient—one problem) ha prevalso. Questo modello è in profondo conflitto con l’attuale profilo dei pazienti, che sono prevalentemente affetti da condizioni croniche multiple che influenzano negativamente la loro funzione fisica e cognitiva.
L’ageismo è una barriera sostanziale che impedisce di valorizzare e investire in un’assistenza socio-sanitaria che corrisponda alle nuove esigenze della popolazione che invecchia. L’ageismo non è solo istituzionale, ma può essere anche interiorizzato dagli anziani stessi (auto-ageismo), portandoli a credere che l’età avanzata sia un periodo di inevitabile declino. Questa convinzione può scoraggiare l’adozione di comportamenti salutari (come l’esercizio fisico o l’assunzione di farmaci prescritti) e limitare l’accesso alle cure, perché ritengono di non meritare pari accesso o di essere stigmatizzati.
La Carta di Firenze evidenzia diverse aree critiche in cui l’ageismo si manifesta, compromettendo la salute e il benessere degli anziani:
1. Ageismo Clinico e Cura Inappropriata
L’assistenza sanitaria si concentra sulla gestione di singole malattie utilizzando linee guida spesso basate su evidenze generate in adulti più giovani, con poche condizioni. Questo approccio può portare a un mis- o overtreatment(trattamento inappropriato o eccessivo) e può non essere benefico o addirittura essere dannoso e gravoso per gli anziani. L’esclusivo focus sulla malattia può portare a polifarmacia, interventi potenzialmente rischiosi e ospedalizzazioni non necessarie, ignorando la funzione complessiva e le preferenze del paziente.
Un’altra manifestazione critica è l’esclusione ingiustificata e discriminatoria degli anziani, basata sull’età cronologica, da trattamenti potenzialmente salvavita, cure complesse o misure preventive (come lo screening mammografico), indipendentemente dalla loro capacità intrinseca o dalla gravità della condizione.
2. Ageismo nella Formazione e nella Ricerca
L’invecchiamento è ampiamente ignorato nei programmi educativi per i professionisti della salute e dell’assistenza sociale (Ageismo Formativo). La mancanza di opportunità di apprendimento sui processi di invecchiamento lascia inalterate le norme culturali negative, portando i lavoratori sanitari a essere impreparati a rispondere alle esigenze degli anziani.
Inoltre, i pazienti anziani, in particolare quelli con condizioni multiple e disabilità, sono spesso esclusi dagli studi cliniciche testano l’efficacia e la sicurezza degli interventi. Ciò significa che la validazione dell’efficacia e della sicurezza dei trattamenti spesso non si applica agli anziani, specialmente a quelli con complessità clinica e sociale.
3. Ageismo Sistemico e Tecnologico
Le strutture sanitarie sono spesso progettate per mantenere i pazienti immobili e isolati, mancando di spazi specifici per facilitare la riabilitazione precoce, l’orientamento e la socializzazione. Ambienti inadeguati contribuiscono a un’alta incidenza di complicanze, come il delirio e la perdita acuta di funzione fisica e cognitiva.
Infine, l’Ageismo si manifesta nelle tecnologie sanitarie attraverso preconcetti sulle capacità degli anziani di utilizzare le tecnologie digitali. Se non controllate, anche le tecnologie di intelligenza artificiale (AI) rischiano di esacerbare o introdurre nuove forme di ageismo, basandosi su dati provenienti da studi clinici che hanno escluso gli anziani o che ignorano risultati funzionali cruciali.
Le vie di uscita proposte
Per minimizzare l’impatto negativo dell’ageismo, la Carta di Firenze propone una serie di azioni immediate e a lungo termine che richiedono un investimento iniziale, ma che a lungo andare dovrebbero portare a risparmi sostanziali di risorse, evitando malattie non volute o cure inutili.
- Educazione e Cambiamento Culturale: È essenziale l’educazione sull’invecchiamento e l’ageismo per la popolazione generale, al fine di smantellare i preconcetti esistenti e promuovere comportamenti salutari lungo tutto il corso della vita. A livello formativo, l’invecchiamento deve diventare parte integrante dei curricula per i professionisti sanitari e sociali.
- Cura Centrata sulla Persona: Il focus della cura deve spostarsi dal semplice trattamento della malattia singola al posticipare l’insorgenza di malattie, fragilità e disabilità. Le decisioni terapeutiche devono essere prese in collaborazione con il paziente (shared decision-making), tenendo conto delle comorbilità, della capacità funzionale, del supporto sociale e dell’ambiente di vita. Invece dell’età cronologica, sono l’età biologica, la funzione e gli obiettivi di salute individuali che devono guidare le scelte di trattamento.
- Integrazione e Coordinamento: È necessaria la creazione di reti di assistenza sanitaria e sociale integrate e coordinate per fornire assistenza più completa ed efficace. La medicina geriatrica può svolgere un ruolo cardine nella supervisione di questo processo, favorendo l’integrazione tra cure acute, riabilitazione e servizi primari.
- Inclusione nella Ricerca e Tecnologia Age-Friendly: I pazienti anziani dovrebbero essere inclusi negli studi clinici. Inoltre, è cruciale coinvolgere gli anziani nella progettazione e nell’implementazione delle tecnologie sanitarie, inclusa l’intelligenza artificiale, per sviluppare strumenti age-friendly. I dati sui modelli di previsione clinica devono includere lo stato funzionale e le priorità di salute individuali come elementi standard nelle cartelle cliniche elettroniche.

Conclusioni
Affrontare l’ageismo è un compito trasformativo. Come una società che decide di smantellare i muri invisibili della discriminazione, affrontare l’ageismo nell’assistenza sanitaria significa non solo garantire parità di accesso e dignità agli anziani, ma anche allineare i sistemi sanitari alla realtà demografica globale, che esige un’assistenza integrata, personalizzata e lungimirante.
Forse il vero pregiudizio dell’ageismo non è credere che gli anziani valgano meno, ma non riuscire a immaginare il futuro che potrebbero ancora costruire. La società che teme l’invecchiamento è la stessa che rimuove la bellezza della continuità, dell’esperienza, della maturità creativa. Eppure, ogni volta che un artista novantenne si rimette all’opera, ogni volta che una scienziata centenaria entra in laboratorio, ogni volta che uno scrittore ottantenne completa un nuovo romanzo, assistiamo alla stessa rivelazione: il tempo non è un muro, ma una frontiera da esplorare.
Riconoscere il valore delle età avanzate non significa solo rispettare chi ha più anni: significa immaginare una società più ampia, più complessa, più ricca. Una società in cui il talento non ha scadenza e in cui il domani appartiene davvero a tutti. Bisogna comprendere che la seconda parte dell’esistenza non è un epilogo, ma un nuovo inizio. E che le biografie più sorprendenti spesso iniziano proprio quando qualcuno, da fuori, ci ha già dato per “fuori tempo”.
Perché la domanda non è a che età si smette di essere rilevanti. La vera domanda è: quante storie stiamo perdendo perché continuiamo a guardare nella direzione sbagliata?