Le rughe sotto il casco
Di Marco Vittorio Ranzoni – giornalista

Sfrecciano sicuri, veloci. Le moto, pulitissime, sono molto potenti ma non fanno troppo rumore. Impegnano la salita col passo regolare imposto dai tornanti sul valico alpino. Si ritrovano tutti in cima per una foto di rito, sullo sfondo il cartello del passo Stelvio, del Gavia, del Mortirolo. Molto spesso sono soli, la “ragazza” da qualche tempo ha passato la mano, preferisce viaggiare più comoda.
La sorpresa viene quando si tolgono i caschi: chiome candide, barbe grigie e tante teste pelate. E qualche – rara – signora in età, che si aggiusta i capelli strapazzati dal casco integrale. Sì perché la moto è da parecchi anni e sempre più una faccenda da Over.
Negli anni ’70, i miei anni ’70 di quando avevo vent’anni, la moto era oggetto del desiderio e quasi immancabile accessorio di ogni adolescente. Dai 14 anni, se si riusciva ad inserire padri e madri nel novero degli angosciati permanenti per la sorte del figlio degenere, iniziava un amore senza condizioni. Quell’ammasso di metallo e plastica significava libertà assoluta di movimento e puro godimento.
Poi cresceva l’età e aumentava la cilindrata. La centoventicinque a sedici anni, la prima moto ‘vera’, con tanto di targa. E poi, di solito, la passione resisteva anche al traguardo della maggiore età, quasi sorda alla lusinga della macchina del babbo, e così via a sbloccare livelli con moto più grandi.
Ma da diversi anni qualcosa è cambiato. Vedo sempre meno ragazzi e giovanotti discutere animatamente di marmitte e pistoni e mollare tutto pur di saltare su un sellino.
Che sia un sano, ritrovato buonsenso? Del resto già qualche saggio fece notare che occorre più di un briciolo di follia per “… mettersi a cavalcioni sopra una tanica piena di benzina, avvitata sopra un motore incandescente e partire a razzo tenendosi in equilibrio precario su due ruote …”.
Ma non credo si tratti di questo. E anche il fatto che sia un hobby troppo costoso per le tasche dei giovani non regge … Noi le moto le compravamo di seconda mano ed eravamo disposti a qualsiasi economia e a qualunque lavoretto per raggranellare il necessario. Certo, c’era disparità di classe tra chi doveva accontentarsi di un mezzo rottame e chi poteva permettersi il top di gamma, ma le comitive erano allegramente e democraticamente composite; l’imperativo era ‘andare’, sentirsi liberi di muoversi e di godere l’ebbrezza dell’aria in fronte. Già, perché il casco non si metteva, ma questa è un’altra storia.
E’ vero, le moto che sognavo a 18 anni me le son potute permettere solo a 40 suonati, ma i ricordi più belli io li ho legati al mio Gilera 124 del 1968, comprato di seconda mano.
Allora perché questo calo di popolarità delle due ruote tra i teenagers? Ci sono diverse analisi da parte di esperti del settore, che tra l’altro vede l’Italia come mercato di riferimento in Europa in termini di vendite, oltre che produttore di marchi leader mondiali. Qualcuno sostiene che i ragazzi preferiscano destinare il loro budget (e quello dei loro genitori) ad acquisti di accrocchi tecnologici che permettano loro di essere costantemente connessi alla rete e ai social, in primis smartphone, playstation, pc, annessi e connessi. Come se il bisogno di socialità e di appartenenza, che ai miei tempi veniva soddisfatto dal gruppo di ragazzi che si ritrovavano coi motorini sotto casa, fosse ora raggiunto in modo virtuale, a distanza.
Qualcuno azzarda addirittura che restare scollegati dai social per mezza giornata possa risultare intollerabile a molti. Se così fosse sarebbe ben triste, ma credo ci sia qualcosa di vero, se non altro perché i quattrini che occorrono per comprarsi le ultime versioni di videogame e cambiare smartphone sono gli stessi che servirebbero per mantenere una motoretta e dovendo scegliere … E poi basta guardarsi attorno: siamo tutti, ma proprio tutti diventati schiavi dei social.
Certo, i padri e le madri di oggi sono più protettivi e la moto è oggettivamente pericolosa (ci sono 35 volte le probabilità in più di lasciarci la pelle rispetto all’auto, per esempio), ma è venuta meno la spinta dal basso, la pressione esercitata dai ragazzi che alla lunga minava i granitici ‘no’ familiari.
Resta il fatto che la motocicletta è sempre più un affare da Over, con quel che ne consegue; le cilindrate aumentano in modo assurdo e con loro i costi di acquisto e di gestione e i modelli disponibili si appiattiscono verso l’alto soddisfacendo clienti sempre più raffinati, pretenziosi e danarosi. E quindi più vecchi. Se ai tempi miei una moto da 350 cc era quasi una ‘maxi’, oggi che dominano dei mostri da 1200 cc quelle sembrano motorette.
Anche il design si è adeguato e i principali marchi europei e giapponesi sfornano modelli che celano tecnologie moderne e raffinatissime sotto abiti “vintage”. Sì, perchè molti di noi oggi guidano questi mostri, ma serbano vivo il ricordo di quella Gilera 124 del Sessantotto comprata usata coi soldi di papà e frutto di qualche lavoretto estivo. Quella a cui una volta, a 16 anni e mi ricordo come fosse ieri (che vergogna!), feci benzina con tre monete da cento lire e due biglietti del tram …