Chi ci segue, dopo tre anni ha ormai imparato che noi di Generazione Over60 odiamo i luoghi comuni, specie in periodi come quello che stiamo attraversando da più e più mesi, e che pur mettendo ai primi posti la leggerezza, l’ironia e l’autoironia, sappiamo quand’è il momento di calarsi davvero nella realtà e affrontare situazioni dure e spesso irrisolte. Che non diventano meno dure e irrisolte perché “è tempo di scambiarsi gli auguri e di vivere le feste concentrandosi solo sugli aspetti positivi della nostra vita”.
Ecco il motivo per cui ho pensato di affidare l’Editoriale di quest’ultimo mese del 2021 a un caro amico che combatte una battaglia importante per gli ospiti in RSA, Residenze Sanitarie Assistite. Tema spinoso, che va preso di petto e per il quale urgono soluzioni studiate con progettualità mirate.
Un’ultima considerazione, questa volta leggera: con Dario Francolino (molto più giovane di me) ho un debito di riconoscenza. Fu lui, una vita fa, a chiamarmi a Roma a fare la prima moderazione in assoluto come giornalista scientifica (si parlava di sclerosi multipla). Da lì prese il via la mia lunghissima serie di moderazioni, ma non potrò mai dimenticare quella, la prima, con la quale acquistai un bel po’di autostima.
A tutti i nostri lettori auguro un 2022 migliore di questo che sta per concludersi (non che ci voglia molto…) e, visto che sono entrata in argomento, auguro di non dimenticare mai di ringraziare chi ci è stato vicino e ci ha dato forza. Buon anno!
Minnie Luongo
RSA, AFFETTI IN CASSAFORTE Di Dario Francolino
Due milioni di abbracci negati, di baci rubati e di sguardi cancellati. Nella contabilità ufficiale della pandemia questo dato non è riportato. I LEA non li misurano e neanche le indagini dei NAS che a volte monitorano le condizioni di vita degli ospiti delle Residenze Sanitarie Assistite o degli Assessorati Regionali alla Salute da cui dipende l’accreditamento delle stesse strutture. Le relazioni affettive non sono un parametro da verificare per misurare il benessere psicofisico di chi vive ormai da 2 anni questa condizione di privazione. Fondamentalmente si controllano solo i parametri vitali. Infatti, quando noi familiari chiediamo come sta il nostro caro, la risposta è sempre : mangia, dorme, etc. Ma nessuno ci informa se sorride, se è triste, se ci ha cercato. Questi aspetti costituiscono una terra di mezzo invalicabile che la cortina di ferro alzata dal Covid ha reso permanente.

La pandemia ha colpito duro in ogni contesto di comunità dal carcere, alle comunità di recupero, alle residenze per disabili, agli ospedali e alle case di riposo.
All’inizio lo ha fatto in modo violento e crudele, non senza responsabilità oggettive di amministratori confusi e colpevoli di scelte sbagliate e fatali per centinaia di anziani deceduti nel corso della prima ondata del Covid 19, quando i malati di Coronavirus vennero in modo sciagurato ricoverati in alcune RSA italiane.
Dopo, invece, ci fu l’oblio collettivo rispetto a ciò che stava accadendo in queste comunità e venne il tempo del “Dobbiamo Proteggerli” che fece diventare madri, nonne e zii, dei tesori talmente preziosi che per non correre rischi sprangammo in casseforti, dimenticandoci le chiavi.
Il 2021 purtroppo per tutti gli ospiti delle RSA e i loro familiari si chiude esattamente come si era aperto. In regime di isolamento, questa volta a causa dell’arrivo della variante Omicron, ormai predominante anche in Italia.

Eppure, Il 95% degli ospiti delle Rsa ha fatto la terza dose, la mortalità è azzerata, non esistono focolai, non ci sono ospiti sintomatici né casi noti di presenza di variante Omicron. I familiari entrano solo con Super Green Pass e sono tornati obbligatori anche i tamponi, per scongiurare anche il minimo rischio di contagio. I pochi casi di positività riguardano ospiti che non possono fare il vaccino o operatori che nonostante abbiano l’obbligo di vaccinazione sfuggono ai controlli. Orsan è oggi tra le principali associazioni nazionali di familiari dei pazienti ricoverati nelle Rsa, e a fronte di questo chiediamo che “non si chiuda mai più, non si torni indietro all’isolamento e alla solitudine che gli anziani hanno subito nel 2020”.
Purtroppo invece registriamo già i primi segnali di chiusura. E come sempre questo avviene non in modo omogeneo. Il problema non è di Nord, Sud, Centro o di strutture grandi o piccole, ma di dirigenza e di chi è obbligato a controllare il rispetto e l’applicazione delle leggi e cioè gli Assessorati Regionali alla Salute, attraverso le ASST e le ASL. Il nostro invito ai direttori sanitari è di non farsi prendere dal panico e agire con lucidità confrontandosi con i familiari per definire un protocollo di azione condiviso. Ricordiamoci che quelle persone hanno un’aspettativa di vita bassa e anche se ovviamente non dobbiamo metterle a rischio, dobbiamo tenere presente che la maggior parte di loro tra il rischio del contagio e quello di non vedere più un figlio o un nipote sceglierebbe il primo.
Il mio è ovviamente un ragionamento estremo che però mira a scardinare le resistenze di tre delle quattro tipologie di manager individuate da Orsan. “Abbiamo gli irriducibili, ovvero quelli che non hanno mai aperto tutti i giorni alle visite come previsto dalla legge e che attualmente rappresentano il 50%”.
Poi ci sono ‘i paurosi cronici’ “che al primo sentore di rischio ritirano fuori le pareti in plexiglass e fanno infilare le braccia nella plastica come già successo in questi giorni in Veneto e a Milano”. Gli indecisi “che nel dubbio richiudono tutto ma che fortunatamente non sono molti” e poi gli ‘scienziati’, ovvero “dirigenti che fanno un ‘uso ragionevole della forza’ ovvero – applicando misure restrittive nella misura necessaria- e di fatto mantengono le Rsa aperte in ottemperanza alla legge. Fortunatamente sono il 30%.
Tutte le previsioni a livello mondiale confermano che con la pandemia da Covid 19 dovremo convivere ancora a lungo, per cui occorre evitare di trasformare le RSA in anticamere di sale mortuarie, perché seguendo il filo rosso della paura e del panico ansiogeno questo è ciò che sta succedendo e continuerà ad accadere. Le residenze per anziani e ogni altra comunità devono avere le stesse garanzie previste per la scuola, per i luoghi di lavoro, per gli ospedali e quindi occorre fare ogni sforzo affinché rimangano aperte.
E’ vero che il livello di attenzione e di protezione va mantenuto elevatissimo in quanto siamo in presenza di individui fragili, cosiddetti lungodegenti cronici, ma tutte le misure emergenziali vanno correlate all’aspettativa di vita, alla volontà degli ospiti e dei familiari che devono assolutamente poter avere voce in capitolo su queste decisioni etiche.

Orsan continuerà a battersi per garantire il diritto inalienabile di ospiti e familiari a incontrarsi con regolarità, in presenza e in sicurezza e contro le serrate totali, ingiustificate e inutili che dovranno essere sanzionate dal legislatore e dagli organi ispettivi. E bisogna mettere in conto che servono investimenti da parte delle strutture, che senz’altro potranno essere fatti con progettualità mirate inserite nelle risorse previste dal PNNR per il miglioramento dei livelli socio-sanitari di assistenza agli anziani e alle persone con disabilità.

Dario Francolino
Presidente Nazionale ORSAN (Osservatorio Italiano Residenze Sanitarie Assistite)
E-mail:: dario.francolino@axesspr.com
A: via Gramsci, 11 20900
Monza (MB) – Italy