I grandi vecchi  

Sempre più longevi, sempre più sani: come cambia la percezione dell’età nel nuovo millennio

Di Paola Emilia Cicerone – giornalista scientifica

Foto Unsplash (Artyom Kabajev)

Se Dante fosse un nostro contemporaneo, dovrebbe cambiare il celebre incipit della sua Commedia: perché i trentacinque anni non sono più, come ai suoi tempi suoi, il “mezzo del cammin di nostra vita”. Soprattutto in Italia, visto che siamo uno dei Paesi più longevi del mondo: nonostante i disastri provocati dal Covid, le italiane hanno oggi un’aspettativa di vita media di 84,8 anni, mentre gli uomini superano gli 80. Ma la vera novità sono i grandi vecchi. Ci sono sempre stati – non dimentichiamo che Goethe scrisse il Faust a 80 anni e alla stessa età Verdi musicò il Falstaff – ma oggi i novantenni non sono più una rarità, e anche gli ultracentenari, e soprattutto le ultracentenarie, sono sempre più numerosi. Gli over 100 in Italia sono 22mila, con un incremento dell’80% rispetto ai primi anni 2000. E i grandi anziani di oggi sono assai più in forma dei loro coetanei di qualche decennio fa. Da bambina ho conosciuto due bisnonni over 90, la nonna Emilia e il nonno Giuseppe. Decisamente fragile anche se lucida la prima, mentre per quanto riguarda il bisnonno ho il ricordo di un signore energico e magrissimo, comunque in grado di imporsi in famiglia grazie a un leggendario caratteraccio. Niente a che vedere, in ogni caso, con i novantenni che ho sott’occhio oggi: la prima che mi viene in mente è un’adorabile zia acquisita – classe 1933 – che incontro nelle mie passeggiate fiorentine, riscoprendo un legame che mi è stato assai caro quando ero bambina. Quando l’ho rivista, dopo anni, ho faticato a conciliare con la mia idea di “signora anziana” la gradevole figuretta in jeans e camicetta a fiori che mi trovavo davanti, e solo pochi giorni fa, sentendola spiegare al ragazzo filippino che le dà una mano in casa cosa io facessi di lavoro, mi sono resa conto che -nonostante le difficoltà di spiegare internet e i social a chi non li ha mai usati – in qualche modo se n’è fatta un’idea piuttosto realistica. Ma il recordman è il papà del mio compagno, un arzillo novantasettenne che è un vero personaggio nel quartiere milanese dove abita e volentieri passeggia nelle belle giornate, tanto da essersi ritrovato protagonista di varie storie Instagram proprio per la sua voglia di comunicare e raccontare aneddoti e curiosità a ogni interlocutore gentile.

Foto Unsplash (K. Mitch Hodge)

A livello demografico, storie come queste ci suggeriscono di modificare la nostra prospettiva di vita. Mentre demografi e amministratori pubblici si preoccupano delle difficoltà di gestire una società sempre più anziana, noi cominciamo a renderci conto che, all’età in cui fino a pochi anni fa ci si rassegnava a guardare nostalgicamente indietro, può aver senso cominciare a fare progetti per i venti o più anni che ci aspettano se va tutto bene.

Foto Unsplash (Glen Hodson)

 Un grosso “se”, perché le malattie croniche sono un problema a livello sia individuale che sociale, viste le difficoltà che attraversa il nostro Servizio Sanitario Nazionale. Anche per questo, in tutto il mondo, si studiano gli ultracentenari per capire quali sono gli elementi che aiutano non solo a invecchiare, ma a invecchiare bene: sono state identificate così le Blue Zones, aree demografiche in cui la concentrazione di ultracentenari è particolarmente alta. (www.bluezones.com/). Il concetto è nato nel nostro paese, dallo studio di quella che sarebbe diventata la prima Zona Blu, le aree interne della Sardegna, in particolare in provincia di Nuoro. Ne sono poi state aggiunte altre l’isola di Okinawa in Giappone, la penisola di Nicoya in Costa Rica, l’Isola di Icaria in Grecia e le comunità avventiste di Loma Linda in California. Comunità molto diverse una dall’altra con alcuni punti in comune: una dieta ricca di vegetali e soprattutto di legumi, un’attività fisica moderata ma costante e una solida rete sociale che permette di sentirsi utili e attivi anche in tarda età. Tutte indicazioni che può essere utile seguire: “A chi mi chiede una pillola magica per non invecchiare, spiego che quella pillola esiste, e si chiama attività fisica: fare un po’ di movimento, anche una piccola passeggiata ma tutti i giorni, è il miglior regalo che possiamo fare a noi stessi”, spiega Luigi Ferrucci, geriatra italiano – tra gli ideatori di quello studio InCHIANTI che ha confermato l’efficacia della dieta mediterranea – oggi direttore scientifico del National Institute on Aging statunitense, arrivato a Milano per partecipare al Longevity Summit sui progressi degli studi sull’invecchiamento. Anche la geriatria ha cambiato rotta, oggi l’obiettivo non è tanto vivere di più, quanto aumentare gli anni vissuti in salute: sempre più spesso ci rendiamo conto che l’età biologica non va di pari passo con l’età anagrafica, e i progressi della medicina ci aiutano a identificare i fattori biologici che rallentano o accelerano l’invecchiamento. Anzi, si sta scoprendo che le malattie che ci affliggono in età matura, prime fra tutte le demenze, nascono proprio dal processo che chiamiamo invecchiamento. Quello che speriamo tutti è che conoscere meglio questi meccanismi possa aiutarci a rimanere in forma più a lungo.   

Foto Unsplash (Alexandra Marta)

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