Chi più chi meno siamo tutti gufi o allodole, così come sogniamo sempre anche quando non ce ne ricordiamo. Ce lo spiega l’autrice in questo particolareggiato articolo
Di Paola Emilia Cicerone – giornalista scientifica

Siamo gufi o allodole? L’interrogativo sembra riecheggiare un vecchio film di Totò – Siamo uomini o caporali? – ma in questo caso parliamo dei termini scelti dai neuroscienziati per definire chi, come le allodole, si gode le prime ore del giorno e chi, come i rapaci notturni, dà il suo meglio quando scende il sole. Chi più chi meno, siamo tutti gufi o allodole: non amiamo dormire alle stesse ore, e neanche lo stesso numero di ore: c’è chi sta bene dopo cinque/sei ore di sonno e chi soffre se non riposa almeno otto ore. E se la scienza dice che col passare degli anni il bisogno di sonno diminuisce, forse non per tutti è così.

Pare che i ritmi biologici che regolano il sonno siano almeno in parte dovuti ai nostri geni: e in effetti io, che sto male se dormo meno di otto ore, e alle 7 del mattino sono comunque uno zombie – ricordo ancora le sofferenze della prima ora a scuola – somiglio a mia madre, e alla sua famiglia. Per tutte noi – madre, figlia, zia e nonna – alzarsi prima delle nove di mattina era uno sforzo insopportabile, ma in compenso siamo sempre rimaste lucide e attive fino a tarda sera. Al contrario di mio padre, che è sempre stato decisamente mattiniero e all’epoca era più che disponibile a preparare per noi caffè e colazioni.

Per anni io ho scritto dopo cena, riservandomi al mattino di rileggere con calma la produzione serale: molti non hanno mai saputo che i miei articoli consegnati la mattina alle undici in realtà erano nati dopo mezzanotte. E anche ora che sono più stanca e non faccio più le ore piccole, il momento più produttivo della giornata resta per me quello tra le 18 e le 21 e oltre.
Il problema è che viviamo in una società pensata per i mattinieri, in cui la maggior parte dei lavori cominciano presto, e chi si mette alla scrivania in tarda mattinata è considerato uno sfaticato, a prescindere dal numero di ore lavorate. Per fortuna ho scelto un lavoro, quello del giornalista, in cui (con l’eccezione dei martiri all’epoca impegnati nei giornali del pomeriggio, che attaccavano alle prime luci dell’alba) essere mattinieri non è un requisito particolarmente richiesto. O almeno non lo era quando ho cominciato a lavorare nella stampa quotidiana, perché internet e le edizioni on line hanno cambiato tutto.
Resta il fatto che dormire è importante e non lo facciamo abbastanza, anche se decine di studi confermano che la mancanza di sonno è causa di molte malattie. Ma l’insonnia resta un male diffuso, che di solito cerchiamo di risolvere a colpi di sonniferi, da sempre i farmaci più venduti. Mentre gli specialisti suggeriscono di affidarsi alla chimica solo per brevi periodi, e di curare invece l’igiene del sonno, facendo in sostanza il contrario di quanto facciamo di solito: non cenare troppo tardi o con cibi troppo pesanti, evitare televisione, computer o smartphone a ora tarda per scongiurare gli effetti negativi della luce azzurrina degli schermi che inibisce la produzione di melatonina, rilassarci con musica, lettura e magari un bagno o una bevanda calda. Personalmente, di solito mi addormento senza troppi problemi. Quando devo combattere con l’ansia, un rimedio sicuro è ascoltare, senza guardarla, la televisione: le voci mi rilassano e mi fanno addormentare senza problemi. In mancanza di televisione, mi è capitato di provare a contare, non le pecore ma una successione di moltiplicazioni (2,4,8,16,32,64, 128 etc.) in cui di solito finisco per perdermi e ritrovarmi più volte: un’operazione vagamente frustrante ma che ha il pregio di tranquillizzarmi e favorire il sonno.

E i sogni? Perché noi sogniamo sempre, anche quando non lo ricordiamo. E ancora non sappiamo esattamente perché: è probabile che i sogni ci servano a fare ordine tra le esperienze quotidiane eliminando le informazioni inutili e consolidando la memoria, anche se poi ci sarebbe da riflettere sui contenuti che emergono e sul modo di assemblarli, temi su cui la psicoanalisi ragiona da più di un secolo. Vi risparmio il terrore degli incubi che ha funestato la mia infanzia, e le complicate procedure scaramantiche che avevo ideato per scongiurarli, e vi lascio con il mio sogno più bello di sempre. Immaginate un prato verde dove pascolano bellissimi cavalli bradi, una bambina che si avvicina senza timore. Anche uno dei cavalli si avvicina, un bellissimo stallone nero; la piccola sale in groppa senza difficoltà, anche se il cavallo non è sellato – ricordate che siamo in un sogno – e l’animale parte al galoppo sul prato. Regalando alla sua amazzone un ricordo meraviglioso che è sopravvissuto al passare degli anni.
tutto vero ma secondo me il problema maggiore alla nostra età sono i risvegli continui.
ho 70 ma da quando sono andata in menopausa 20 anni fa mi sveglio e mi alzo per andare in bagno come minimo 3 volte a notte
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