Però oggi (sarà l’età?) il mio quotidiano bisogno di orizzonte naturale viene sempre più colmato dagli stessi luoghi dell’infanzia
Di Marco Vittorio Ranzoni – giornalista

“Sai papà, ci sono tanti mondi…” Questa frase, pronunciata con seria convinzione da mia figlia di cinque anni all’uscita dell’asilo, a rimarcare la sua fresca scoperta che esistono luoghi del vivere differenti, oltre all’ambiente di casa, al quale ci s’interfaccia con modi e atteggiamenti diversi, mi è rimasta impressa nella memoria.
Mi è servita e mi serve spesso per cercare di capire il mondo che mi circonda e provare a guardarlo con occhi diversi dai soliti miei.
Ho la fortuna di essere nato e cresciuto in una famiglia molto connessa con la natura e ho imparato presto a goderne la bellezza. I miei (nonno, padre, zii) erano tutti appassionati cacciatori e pescatori e -al di là delle opinioni e delle sensibilità- è un fatto che questi siano dei profondi conoscitori dell’ambiente naturale e anche egoisticamente interessati alla sua conservazione.
Lo stesso Fulco Pratesi, il fondatore del WWF da poco scomparso, è stato un appassionato e vorace cacciatore.
Ma non è di caccia e pesca che voglio parlare, non oggi e non qui, almeno.
Dicevo di essere stato abituato a frequentare la natura fin da piccolissimo: era tra l’altro l’unico modo per stare con mio papà, così come per altri miei coetanei poteva essere la partita di calcio della domenica.
Io a San Siro non ho mai messo piede. In compenso, in una scampagnata o un viaggio con amici, mi accorgo di notare dettagli di piante e di animali che molti altri non vedono.
Per natura ora intendo i paesaggi della pianura, dei boschi, dei fiumi e delle risaie della Lomellina e delle colline dell’Oltrepò, luoghi che anche oggi sono il mio normale sfogo dalla città.

Quel che voglio dire è che, col passare degli anni, la percezione, l’apprezzamento e il godimento di quel che è bello, nel mondo che ci circonda, cambia: subisce una evoluzione del suo perimetro che mi pare si possa assimilare a una curva gaussiana.
L’incanto di una nebbia mattutina al sorgere del sole nel basso Pavese a un certo punto non basta più e lascia il posto all’esigenza di vedere ed esplorare paesaggi diversi e nuovi, più vasti e più esotici (…ci sono tanti mondi).
Ecco che il viaggio diventa un modo di abbracciare porzioni sempre più grandi di natura e di immagazzinare immagini, ricordi ed esperienze.

Però ho notato che adesso, invecchiando, torno a considerare meravigliosi quei luoghi così vicini a me.
Sarà nostalgia del passato, sarà che guardo i dettagli con maggiore attenzione o anche che ho meno energie, fatto sta che ho molta meno curiosità per i luoghi lontani e il mio quotidiano bisogno di orizzonte naturale viene colmato dagli stessi luoghi dell’infanzia, rimasti magici e pieni di cose da scoprire e vedere con occhi nuovi: gli stessi tramonti e le stupefacenti aurore velate di bruma a due passi da casa.
