Una stagione incredibile, paragonabile a quell’età che si pone tra la maturità e la senilità
Di Rosa Mininno – psicoterapeuta, presidente della Scuola Italiana di Biblioterapia

I paesaggi con mille sfumature di gialli, marroni, verdi, rossi allietano la vista e inducono uno stato di calma e di riflessione. Ma l’autunno, come tutte le stagioni, è anche un tempo di cambiamento. È tempo di raccogliere le olive mature dagli ulivi diversi, unici nella forma, come ciascun essere umano. Tempo di vendemmia, ma l’autunno è anche tempo di rivedere alcune situazioni personali che stiamo vivendo, che ci trasciniamo da tempo, che ci ostacolano e ci bloccano lasciandoci vivere senza vivere pienamente.
A volte abbiamo bisogno di farci veramente tanto coraggio per prendere delle decisioni, per capire a che punto siamo della nostra vita e dove vogliamo arrivare, con chi vogliamo arrivarci e magari arrivarci anche da soli, senza paura di metterci in gioco e di scoprire qualcosa di noi che ancora non conosciamo. Molte sono le sfumature affettive che colorano le nostre relazioni. Molti i colori che le alimentano. Amori e amicizie che forse hanno bisogno di un rinnovamento, di una riflessione, di una nuova valutazione. Ci sono rami secchi nella nostra vita che a volte stanno lì per anni e che non abbiamo il coraggio di recidere aspettando che cadano da soli. E invece no. Bisogna avere il coraggio di recidere quei rami secchi per andare avanti nella vita, per non spegnere la propria luce, per poter esplorare ancora il mondo e se stessi.
L’autunno è paragonabile a quell’età che si pone tra la maturità e la senilità. La vecchiaia si è spostata più in là. Sembra essere la stagione della riflessione che si accompagna al fuoco nel camino, al tepore di una coperta, alla lettura di un libro coinvolgente, alla compagnia di un animale, al desiderio di condividere con amici momenti e argomenti. Tempo dell’attesa, del silenzio, del vento e dello sguardo che si posa su se stessi, sugli altri, sui paesaggi interiori attraversati, sui paesaggi immaginati, sui paesaggi naturali. È il rumore dei nostri passi tra le foglie nei boschi, distese come un mare sulla terra, sul terreno a volte sconnesso. Accompagna i nostri pensieri, le nostre voci. L’autunno è un tempo di preparazione all’inverno che verrà, a quella morte simbolica della natura che ci ricorda la caducità della nostra vita, la fragilità della nostra esistenza, la necessità espressiva della nostra mente, la necessità del calore e del nutrimento per il nostro corpo. Ben vengano allora momenti conviviali in cui mangiamo castagne e dolci o una bella minestra insieme a persone che conosciamo, amici, famiglia, ma anche sconosciuti che potrebbero diventare conoscenze, amici, amori.

L’autunno è bellezza malinconica, quella malinconia ontologica che ci ricorda la nostra solitudine ontologica. Eppure abbiamo radici comuni con tutti gli esseri umani del mondo. In ogni cultura ritroviamo archetipi che ci mettono in relazione tra noi. Immagini mentali che ci appartengono dai tempi dei tempi. Non è facile parlare della bellezza della natura in questo tempo storico in cui siamo sommersi e bombardati da immagini di distruzione, di dolore, di disperazione, di morte. Non è facile parlare della bellezza dell’autunno quando assistiamo impotenti ad aggressioni, paure, vite falcidiate in fila per una ciotola di riso, per una goccia d’acqua. Non è facile parlare della bellezza quando questa in diverse parti del mondo è stata aggredita, annientata, falciata, distrutta. E allora questo contrasto è fortissimo tra le sfumature bellissime dei colori delle foglie sugli alberi autunnali e la bruttezza orrenda della guerra, della stupidità umana, degli aridi, cinici interessi speculativi, finanziari di certi personaggi che nei loro deliri di onnipotenza narcisistica vogliono comandare nel mondo e assoggettarci tutti.
E’ un contrasto fortissimo e doloroso. L’autunno sembra essere un tempo di pace, di dialogo, di attesa serena. Non dobbiamo perdere la capacità di stupirci, di meravigliarci di fronte alla bellezza della natura che cambia, delle persone, dei gesti e delle parole cortesi, di una mano che si tende ad aiutare, di un buongiorno, di una buona sera tra sconosciuti, per strada o sul pianerottolo di un palazzo. Non dobbiamo perdere la capacità di leggere le sfumature, i diversi colori della mente che cambia con l’età, con la vita su quella time line che tutti percorriamo e sulla quale inciampiamo a volte, cadendo, rialzandoci. Quel percorso non lineare in cui si formano nodi che una psicoterapia ci aiuta a sciogliere.
“Restiamo umani” è stato un grido nelle manifestazioni di questi ultimi tempi per la pace. Sembra che nell’animo umano ci sia solo l’inverno e che non ci siano più le stagioni della primavera, dell’autunno, dell’estate. Dobbiamo restare umani e colorarci di tutti i colori che la natura ci insegna a vedere. Quella Madre Natura che ci ha accolti quando noi siamo nati, per così dire,inconsapevolmente. E allora dobbiamo essere grati alla vita, alla natura, a noi stessi per la nostra volontà di restare umani e tendere la mano a chi ne ha più bisogno in questo deserto affettivo che sembra radicato nell’animo umano.
L’autunno ci ricorda la nostra fragilità, la nostra umanità, i nostri colori, le nostre sfumature, le nostre ombre, il nostro calore, le nostre coscienze, le nostre paure, le nostre debolezze, ma anche la nostra capacità creativa di rinnovamento. Abbiamo ancora la possibilità di cambiare e di trasformare le nostre speranze in realtà prima del sonno invernale, perché di un sonno si tratta, non di una morte.
Cambiare è vitale e necessario come il sonno, il nutrimento, l’amore. L’autunno ci ricorda quel bisogno di cambiare: necessario per continuare ad esistere, rinascere, vivere.
