di Paolo Magistri – Biologo
Premetto che peste e covid-19 nulla hanno a che vedere tra loro: una è di origine batterica l’altra di matrice virale.
Lo Stato di Milano, nel 1628, conseguentemente a raccolti insufficienti fu colpito da una carestia che provocò il peggioramento delle sue finanze e delle condizioni igieniche tanto da indurre, la vigilia di S. Martino (11 novembre), una rivolta popolare definita storicamente “assalto al forno delle Grucce”. Quasi sicuramente al facile diffondersi della peste contribuirono anche le già infette soldatesche alemanne che transitavano nel territorio dello Stato per andare alla conquista di Mantova.

A Milano, i primi casi di infezione sembra siano avvenuti nell’ottobre del 1629 e A. Tadino e L. Settala, medici milanesi, furono inascoltati quando insistettero nel proporre ad Antonio Ferrer, governatore di Milano, l’urgente necessità d’isolare gli ammalati. La ricostruzione storica ipotizza che Ferrer fu portato all’errore da chi aveva interesse d’impedire le misure restrittive (mi viene in mente lo slogan “Milano non si ferma” di questi giorni) e dal parere di altri medici che non credevano che il male fosse contagioso. Solo nel marzo del 1630 i reggenti la Sanità pubblicarono la grida sulle norme riguardanti le “Bollette di Sanità”, o passaporti di libera-pratica che comprendevano anche a chi le falsificasse o tentasse di entrare furtivamente in città.
La credenza si trattasse di una febbre dovuta a carenze nutrizionali attribuibili agli anni di carestia era talmente diffusa nella popolazione che Tadino e Settala furono ingiuriati e percossi sulla pubblica via. A volte l’immaginazione popolare attribuisce ai “fatti misteriosi”, così come nel caso della peste di allora, influssi dovuti a coincidenze astrali, come le due comete apparse nel 1628 e 1630; oggi l’asteroide 2020 EF e 2020 DP4. Sullo sfondo della stampa di Melchiorre Gherardini, incisore Milanese, si scorgono i Portoni di Porta Orientale, oggi Porta Venezia; a destra la chiesa di S. Marta e S. Babila con davanti le colonne del Leone e di S. Mona; sul lato sinistro una casa con l’insegna di un’osteria e nel campo delimitato dagli edifici la scena della peste: una donna portata su una seggiola, un uomo agonizzante davanti la chiesa, fedeli inginocchiati ai piedi della colonna di S. Mona, carri sui quali si ammontano i cadaveri degli appestati.
Un’altra testimonianza emblematica del tempo è un’incisione di G. B. Brunetti, che può essere discussa in rapporto alle proporzioni o altri elementi di tecnica topografica ma, al pari di tanti incisori popolari, Brunetti non cura la coesione delle varie parti ma annota tutti i particolari che si svolgevano all’interno del recinto: una cronaca contemporanea. Seguendo la legenda riportata in alto a sinistra si potranno identificare i monatti che conducono i carri degli infetti, le cucine, i pozzi dell’acqua, gli alloggi degli infetti, la legnaia, l’osteria, la distribuzione dei viveri, l’opera dei barbieri e i frati Cappuccini nelle varie funzioni religiose.
Iconografia tratta da: A Bertarelli, A. Monti “TRE SECOLI DI VITA MILANESE” ed. HOEPLI MILANO 1927