Di MINNIE LUONGO
Giornalista scientifica – Direttore di Generazione Over 60. com

Noi che abbiamo 60 anni e oltre siamo la Generazione F. Perché? Per più motivi. Come ben spiegato nel libro di Serena Zoli “La generazione Fortunata”: siamo stati i primi a non conoscere direttamente la guerra, a vivere un incredibile boom economico, a poterci curare con gli antibiotici, a viaggiare, a coltivare la capacità di sognare.
Poi, Generazione F perché nessuno come noi ha assistito ad una Fantastica rivoluzione tecnologica e informatica da lasciarci senza fiato: avevamo in casa il duplex e, quando occorreva per forza fare una chiamata, correvamo alla cabina telefonica più vicina, con la riserva di gettoni che ci portavamo sempre dietro (quando iniziai il mestiere di giornalista mi fu regalato un portachiavi con 2 gettoni, necessariamente due perché se fosse caduta la linea avrei avuto modo di chiamare comunque in Redazione); da un giorno all’altro non solo ci ritrovammo liberi di usare il telefono a nostro piacimento senza l’odiato duplex, ma scoprimmo il fax e poi una cosa meravigliosa che si chiamava segreteria telefonica. Per verificare che non fosse un sogno, spesso mi fermavo ad una cabina e con un macchinoso congegno mi chiamavo a casa per sentire se qualcuno mi aveva lasciato un messaggio. Non ci eravamo ancora ripresi che arrivò il computer: una cosa enorme che ci apriva ad un mondo insperato di collegamenti e della possibilità di fare a meno di qualsiasi enciclopedia. Un click e Google ci forniva tutte le risposte.
E poi l’avvento del telefonino nella sua prima versione. Pesante e costosissimo, ma che ci sembrava paragonabile solo al teletrasporto di Star Trek. Con Facebook e i social rischiammo di perdere definitivamente la ragione e il sonno, nel tentativo di impararne il funzionamento.
Non dimentichiamoci di un’altra rivoluzione, quella della Foggia del vestiario cui abbiamo assistito noi adolescenti che, pur frequentando scuole pubbliche, eravamo obbligate ad indossare un grembiule nero, meglio se allacciato dietro, in modo da essere tutte omologate e senza pericolo di mostrare l’abbigliamento personale di ognuna di noi. Attenzione: si trattava sempre ed esclusivamente di gonne sotto al ginocchio e mai di pantaloni, usati solo per occasioni sportive, in pratica solo sulle piste da sci. E i nostri compagni maschi? Rigorosamente con pantaloni classici (i jeans erano ancora lontani) e maglioncini in tinta.
Ad un certo punto lo schock: da Londra arrivò il ciclone Mary Quant e la sua minigonna, che diventò irrinunciabile per tutte noi da quando nel 1966 fu indossata da Leslie Hornby, una sciampista diciassettenne detta Twiggy (grissino). Da parte loro quasi tutti i maschietti si trasformarono in cloni dei mitici Beatles, vere icone di uno stile rivoluzionario: capelli lunghi a caschetto con la frangia e stivaletti neri.
Altro capitolo: tutte le ragazze come me che nel 1973 avevano 20 anni o giù di lì scoprirono in quell’anno “Effe, il mensile femminista autogestito”. Indipendentemente dalle idee politiche, anche grazie a questa rivista scritta da donne con occhi di donne, potevamo prendere atto delle incredibili rivoluzioni civili in corso o che sarebbero seguite a ruota: divorzio, aborto, libertà di ricorrere alla pillola anticoncezionale, richiesta di uguali diritti per uomini e donne.
E arriviamo al perché di questa testata. Parliamoci chiaro senza raccontarcela: sarà anche vero che i 60 di oggi equivalgono ai 40 di qualche tempo fa, che possiamo usufruire di trattamenti estetici e/o chirurgici per migliorare il nostro aspetto fisico, ma l’idea che sta alla base di queste pagine è diversa, così come noi over60 siamo differenti. Quindi, chi crede di trovare suggerimenti utili per assomigliare ai propri figli se non addirittura ai propri nipoti, non troverà qui dritte per le sue aspettative. O meglio, parleremo anche di questo ma da un’ottica particolare e con l’apertura di mente che ci ha regalato l’aver vissuto in un particolare momento storico.
Dopo oltre 30 anni di giornalismo scientifico, come persona sento l’esigenza – al pari, ritengo, della maggioranza dei miei coetanei, indipendentemente dal lavoro svolto- di riflettere su me stessa. E’ sciocco barare sul’età e sul fatto che la maggioranza della vita è trascorsa. Ma noi sessantenni siamo diversi, ribadisco, e da qui voglio dare spazio a colleghi ed esperti per parlare senza tabù di argomenti che altrove vengono solo sfiorati, oppure affrontati con una sorta di pruderie o ipocrisia che noi cosiddetti baby boomers non abbiamo. Non abbiamo mai avuto perché non è nel nostro DNA.
Al contrario, noi possediamo la capacità e l’intelligenza di approfondire con rigore e leggerezza allo stesso tempo qualsiasi tema, perché – per citare ancora Serena Zoli- “abbiamo i piedi nel Medioevo e la testa nel Duemila”. E, aggiungo io, disponiamo della giusta dose di arguzia, ironia e autoironia per parlare di sesso e sessualità, di coppie omo ed etero, di libri, esperienze personali. Senza peraltro rinunciare a scrivere di viaggi, salute, benessere, famiglia, tempo libero, attualità. Ma anche di depressione, di dipendenze varie, di problematiche di qualsiasi tipo.
Ma vogliamo anche rispondere ai vostri quesiti e, perché no, darvi la possibilità di collaborare alle rubriche della testata con vostre riflessioni: quindi vi chiediamo di scriverci numerosi su un tema che vi sta a cuore. Volentieri lo pubblicheremo, indipendentemente dall’essere o meno giornalisti.
Perché, ricordiamolo sempre, solo noi siamo una Generazione fortunata, folle e … perché no, anche figa. Fuori ma soprattutto dentro.