Diktat del caos
Di Giovanni Paolo Magistri – biologo
Sono anni che quantomeno nei paesi così detti civilizzati l’attenzione al tema “morte dell’individuo” viene taciuta, trascurata.
Dall’inizio del secolo scorso sino alla fine della seconda guerra mondiale, le famiglie erano composte da un numero di individui maggiore delle attuali: la scomparsa di figli in età prematura era messa in conto ancor prima della loro nascita e la consapevolezza che qualcuno dei membri della famiglia potesse abbandonare prematuramente il viaggio della vita era considerata possibile nella quotidianità del divenire.
Anche al consumo del cibo veniva attribuito un valore differente da quello di oggigiorno; un unico menù per tutti i membri della famiglia, piacesse o non piacesse; oggi, sempre più frequentemente, assistiamo a una differenziazione della sua proposta.
Non si tratta di stabilire quali degli atteggiamenti sia il migliore da adottare ma unicamente, per il momento, prenderne semplicemente atto. L’evolversi dei mezzi di comunicazione sta modificando radicalmente la metodologia didattica: il nostro cervello non è più considerato “elaboratore e archivio di dati” ma preferibilmente solo “elaboratore”, l’”archivio” lo stiamo trasferendo esternamente ad esso.
L’indolenza scolastica delle nuove generazioni è la risposta verso una didattica non più motivante, spesso ancorata al nozionismo: quando è nato Cristoforo Colombo per intenderci.
Provate a porre questa domanda a chicchessia: “immagina il quadrante di un orologio e poni al primo minuto il verificarsi del big-bang; a quale minuto attribuiresti la comparsa della vita sulla terra? Se siete fortunati su dieci individui interpellati uno vi risponderà quasi correttamente, ovvero all’interno degli ultimi cinque minuti.
Conoscere la data di nascita di Colombo è inutile se non si ha la consapevolezza del “tempo storico” è come recitare l’infinito di Leopardi avendo sempre vissuto su una barca in mezzo al mare; a sostegno di ciò ricordo un film “Il pianista sull’oceano” ove il protagonista, avendo sempre vissuto su una nave, non ha il coraggio di scendere al momento del suo disarmo.
Alcuni miei compagni di scuola hanno contratto il virus della poliomielite e ancora oggi ho ben stampato nella mente la zolletta di zucchero datami; come la vaccinazione contro il vaiolo, una piccola incisione sul braccio praticata con il bisturi; l’essere stato a letto in quarantena con febbre alta per aver avuto il morbillo.
Da studente adulto ricordo una lezione di microbiologia in cui l’insegnante ipotizzava, con lo stupore di tutti, che il futuro della vita conosciuta sarebbe stata a favore dei microrganismi; Watson e Crick avevano appena decodificato la catena del DNA.
Alla competizione tra mondo dell’unicellulare, che propone l’unificazione delle funzioni vitali in un unico organismo e organismi pluricellulari, che contrappongono la suddivisione in reparti delle funzioni vitali si uniscono i virus che sfruttano per la loro affermazione le risorse altrui: uno dei capitoli più affascinanti della biologia.
Già, i microrganismi, capaci di duplicarsi in condizioni favorevoli ogni poche decine di minuti e pertanto in grado di portare al vaglio dell’ambiente una miriade di proposte enormemente superiore a quelle dell’uomo.
Virologi ed epidemiologi hanno ben presente queste condizioni e l’aver visto negli anni la gestione sociale disinteressarsene credo abbia creato in loro non poco stupore; loro lo sapevano e l’avevano detto.
Sono tra coloro i quali credono che una volta passata “ ’a nuttata ” molto cambierà riguardo la vita sociale: gestione preventiva delle epidemie accompagnata dalla consapevolezza che domani ne potrebbe insorgere un’altra; dotarsi di regole comuni, coordinate e conosciute da tutti, così come usiamo fare con il codice della strada, saranno tenute in maggior considerazione.
Trovo consolazione nel pensiero di Ilya Prigogine, uno dei più importanti scienziati del nostro tempo che affermava come l’universo fosse da considerare “un sistema dinamico aperto irreversibile e governato dal caos”.
In questo modo aumenteremo il caos e forse la probabilità di sopravvivere.