Roma, l’Olimpiade Over

Sessant’anni fa si svolgeva la mitica 17a edizione nella Capitale italiana

Di Enzo Primerano 

Ho amato la sensazione di libertà che c’è nella corsa, l’aria fresca e la sensazione che l’unica persona che devo battere sia io stessa –
Wilma Rudolph

Nella grande Città Eterna 60 anni fa si stava compiendo un evento storico ed indimenticabile che avrebbe segnato la svolta per tanti giovani che, dopo quella Olimpiade, considerarono lo sport sia come maestra di vita con i suoi principi di sacrificio, metodo e dedizione, sia come momento di riscatto sociale attraverso la rimozione di più barriere, come recitava appunto la novella Costituzione Italiana del 1948. Questa era la numero XVII, un numero inviso agli antichi Romani[1] ma portò tanta fortuna a Roma, all’Italia e allo Sport. I Giochi della XVII Olimpiade si tennero nella capitale, dal 25 agosto all’11 settembre 1960.

Già all’inizio del secolo, e più esattamente per l’edizione del 1904, l’Italia aveva avanzato la candidatura della sua capitale appoggiata dal re Vittorio Emanuele III e dallo stesso Barone De Coubertin. Ma il capo del governo Giovanni Giolitti pose il veto: “Il nostro Paese non ha soldi e ha problemi molto più gravi da risolvere”. Battuta dall’americana St. Louis, Roma si era vista affidare l’organizzazione per il 1908, ma una catastrofe nazionale, l’eruzione del Vesuvio, obbligò il governo a rinunciare all’impegno dirottando i fondi olimpici alla ricostruzione di Napoli. Roma era infine stata designata ospite dei Giochi del 1944 che il fascismo intendeva utilizzare per celebrare i fasti del regime, ma la cruda disfatta della guerra pose fine a quei vacui sogni di gloria.

Di Olimpiadi in Italia non si parlò più fino al 1960. L’Italia era già reduce dalla Olimpiade invernale di Cortina d’Ampezzo e non era favorita al ballottaggio con Tokio, Città del Messico, Losanna, Detroit, Budapest, Bruxelles. Ma, forte del grande impulso che aveva saputo dare alla sua economia dal dopoguerra agli anni 50-60 riuscì a vincere il ballottaggio con Losanna. Per comprendere quale fosse la potenza economica italiana bisogna andare a spulciare i libri di storia al capitolo del cosiddetto “Miracolo Economico Italiano” -meglio noto come boom economico– con un PIL che oggi farebbe rabbrividire anche gli alieni, toccando la cifra record nel 1950 del 27,7 % ed attestandosi su medie annue che raramente scendevano sotto il 10%, continuando così fino agli anni 70.

 Era la Roma fresca e sbarazzina della Bella Vita celebrata dai grandi registi e dai grandi attori. Il tutto mescolato alle vestigia di una Roma Antica che silenziosa ascoltava compiacendosi di quel brulichio di luci, colori e macchine rombanti che assomigliavano ai chiassi della Roma imperiale. Quell’Italia insomma non era crogiolo soltanto di fredda produzione industriale, bensì un coacervo di arte cultura e tecnologia che insegnava al mondo come mescolarle per farle diventare stile di vita. Fellini, Ferrari, gli stilisti della moda e del design furono i maestri indiscussi della sintesi arte-tecnologia. Quelli erano gli anni della grande migrazione Sud-Nord, della psicosi collettiva del Consumismo, del boom delle nascite e della televisione di “Lascia o Raddoppia” e del “Musichiere”. Arrivò il giorno dell’inaugurazione. Il Presidente del comitato organizzatore era l’allora giovane Ministro del Tesoro Giulio Andreotti. La cerimonia d’apertura si tenne il 25 agosto allo Stadio Olimpico, al cospetto di 80mila spettatori, di fronte ai quali il presidente Giovanni Gronchi dichiarò ufficialmente l’apertura dei giochi. Ad Adolfo Consolini, già medaglia d’oro a Melbourne nel Lancio del Disco, venne affidato il Giuramento olimpico dei giochi. Le Nazioni partecipanti erano 83 ed il numero di atleti 5338 (4727 uomini, 611 donne). Gli Italiani partecipavano alla competizione con 275 atleti (241 uomini, 34 donne). Discipline: Atletica, Calcio, Canoa, Canottaggio, Ciclismo, Equitazione, Ginnastica, Hockey su prato, Lotta greco-romana, Nuoto, Pallacanestro, Pallanuoto, Pentathlon moderno, Pugilato, Scherma, Sollevamento pesi, Tiro, Tuffi, Vela, per un totale di 150 gare. Accanto a moderni ed efficienti impianti come lo stadio Olimpico, il velodromo dell’Eur e i due palazzetti dello sport, luoghi mitici e celebri monumenti dell’antica civiltà romana divennero scenari di sport: la ginnastica alle Terme di Caracalla, la lotta presso la Basilica di Massenzio, la maratona sulla via Appia…

Cerimonia d’apertura dei Giochi della XVII Olimpiade  https://youtu.be/voJ9r1YiTQo

Tutto era ormai pronto per le gare. Molti campioni anche di altri sport vennero consegnati alla storia. L’australiana Dawn Fraser continua a fare eccellenti cose nel nuoto portandosi a casa un oro e due argenti. Nella pallanuoto trionfa il “Settebello” italiano guidato dal 22enne Eraldo Pizzo detto “il caimano”. Tra gli azzurri due ori a testa per il ciclista Sante Gaiardoni e lo schermidore Giuseppe Delfino, alla bella età di quasi 39 anni. Nel pugilato spiccano due nomi su tutti: Cassius Clay vince l’oro nei mediomassimi, Nino Benvenuti quello dei pesi welter. Dramma nel ciclismo con la morte del danese Knud Jensen, stroncato da un malore durante la 100 chilometri del 26 agosto. L’autopsia rivelerà che aveva fatto uso di una sostanza vietata con effetti vasodilatatori. Per la prima volta ufficialmente si parlava di quello che era stato e sarebbe stato lo scheletro nell’armadio dello sport. Ai princìpi puri del dilettantismo anche se po’ borghesi decadenti di De Coubertin si stava sostituendo il concetto di sport come professione o veicolo di pubblicità, quindi fatto di eroi e tempi o prestazioni da record. Lunga sarebbe la lista di sportivi entrati nella Hall of Fame dei protagonisti dello sport ma qui ci piace ricordarne alcuni per i loro insegnamenti dello sport fatto di dedizione e sacrificio.

Wilma Rudolph

La prima è Wilma Rudolph, una ragazzetta americana del Tennessee che da piccola aveva dovuto combattere gli esiti di una paralisi da poliomielite che la forza del sacrificio e i duri allenamenti avevano portato a vincere tre medaglie d’oro nei 100 – 200 e 4×100. Per anni aveva portato un apparecchio correttivo ed era andata due volte la settimana all’ospedale per fare le terapie, nonostante l’ospedale riservato ai neri si trovasse ad ottanta chilometri dal paese in cui abitava. Questo permise a dodici anni Wilma Rudolph di camminare normalmente. Riconobbe nello sport un amico fedele e iniziò a giocare a pallacanestro a scuola, per essere notata da un allenatore di atletica, che l’avviò alla corsa veloce. In poco tempo Wilma Rudolph divenne una velocista di livello mondiale. Fu soprannominata la Gazzella Nera. Scrisse nel suo libro: “ Il mio dottore dopo la paralisi mi disse: Tu non camminerai più. Tornai a casa piangendo e mia madre mi disse “ Tu camminerai”. Ed io ho creduto in mia madre.

Wilma Rudolph  https://www.youtube.com/watch?v=JqI8NyZtCmo

Altro fenomeno dello sport, fino a quel momento sconosciuto, fu l’etiope Abebe Bikila con la sua indimenticabile maratona fatta a piedi nudi sul percorso storico dell’Appia antica e dei Fori Imperiali, arrivando scalzo a tagliare il traguardo, mentre tutti gli spettatori gli resero omaggio con una interminabile ovazione. Quattro anni dopo vinse nuovamente la maratona olimpica a Tokio.

Abebe Bikila  https://www.youtube.com/watch?v=i_zRr9KOFWE 

L’atleta Livio Berruti vince nella finale dei 200 metri alle Olimpiadi del 1960 a Roma.

La più grande vittoria italiana nel corso delle Olimpiadi di Roma del 1960 fu senza dubbio quella di Livio Berruti.

Con il suo fisico magrolino e gli occhiali da sole sul volto, il velocista italiano tagliò il traguardo dei 200 metri sconfiggendo gli statunitensi, favoriti alla vigilia della gara con l’ottimo record di 20″5.

La sua vittoria apriva la strada del grande miracolo italiano della corsa veloce che vide Pietro Mennea negli anni successivi primeggiare nel mondo.

Livio Berruti          https://youtu.be/EAeJFFAsFQE             

L’Olimpiade di Roma segnò la porta di passaggio tra lo sport espressione di una certa élite e lo sport per tutti e a misura di tutti. Mai come in quella Olimpiade si avvertì forte la sensazione che lo sport fosse il vero maestro di vita attraverso il sacrificio e la competizione. Nello sport non ci sono le scorciatoie o ascensori che ti danno l’effimero raggiungimento di un successo che prima o poi mostrerà il suo conto. Il motto olimpico di Decubertin – “ Sport come competizione dove tutti i partecipanti sono vincitori” – ed il motto dello sport “Citius, altius, fortius” – “Più veloce, più in alto, più forte”- erano salvi.

Come nell’Antica Grecia quest’anno la “Guerra del Covid”, ha fatto sospendere le Olimpiadi di Tokio che verranno disputate il prossimo anno se la pandemia si sarà placata. Per l’Italia invece appuntamento tra sei anni a Cortina d’Ampezzo per l’Olimpiade invernale… Over 70 (1956-2026)


[1] Infatti il numero romano XVII ha per anagramma VIXI cioè “sono morto”, da qui il numero ritenuto nefando.

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