Ma è proprio vero che gli occhi sono lo specchio delle emozioni?
Di Enzo Primerano
Nelle tante sfaccettature quotidiane che questi tempi ci costringono a vivere ecco l’ultimo recente test di sopravvivenza: vedere, riconoscere e capire il prossimo con il viso coperto da una mascherina. Volti che, restando celati, focalizzano l’attenzione sul più misterioso strumento di empatia: lo sguardo. A questo punto non è più necessario ridere, piangere, arrabbiarsi, impaurirsi, annoiarsi, sbadigliare, fare le smorfie o ammiccare: un modo, insomma, per mettere a riposo i 36 muscoli che articolano la mimica facciale …

Se gli occhi sono lo specchio dell’anima, come suol dirsi, è sicuramente grazie allo sguardo, che comprende una specie di linguaggio universale difficile da interpretare, ma che possiede all’interno tutte le chiavi della sopravvivenza, e che dimostra come l’istinto usi scorciatoie cognitive che la ragione non riesce a vedere. Tanto proibitivo per la ragione quanto innato nell’intuito di ognuno di noi.
Certo, tutti avremmo fatto a meno di questo esercitazione evoluzionistica di sopravvivenza ma, ancora una volta, ci adatteremo alle necessità. D’altra parte Darwin era stato chiaro:“Non il più forte né il più veloce ma solo la specie che si sa adattare è quella che riuscirà a sopravvivere”.
A lungo i neuroscienziati hanno studiato la neuroalchimia delle espressioni dello sguardo per comprendere come siano trasmesse reciprocamente le emozioni. Complessi circuiti neuronali oggetto di recenti ricerche vanno ad individuare alcune aree cerebrali che tendono a specchiarsi nelle emozioni altrui. E così pare nasca l’empatia, ovvero la capacità di comprendere appieno lo stato d’animo altrui, sia che si tratti di gioia sia di dolore, immedesimandosi pienamente nell’altro.
L’adattamento a cui si richiama la teoria darwiniana non è solo adattamento ambientale ma anche adattamento tra simili della stessa specie. Gli occhi guardano e si lasciano guardare, e questo rappresenta il più importante collante per l’espressione di un tessuto sociale. Essere guardati conferisce inoltre accettazione, disinteresse o addirittura rifiuto all’interno di un gruppo sociale. Esattamente come un bambino che riceve l’approvazione dai genitori quando gioca o corre. Sentiamo, attraverso l’attenzione e gli sguardi altrui, quello che è il senso di appartenenza al gruppo.
Lo sguardo, tanto spontaneo da sembrare un riflesso automatico, talvolta però ha bisogno di essere controllato o frenato. Guardare ed essere guardati è il mistero più grande della natura perché dentro uno sguardo vi sono tutte quelle misteriose alchimie e complementarietà che stanno alla base dei rapporti umani.
C’è poi lo “sguardo riflessivo”, che pone attenzione alla relazione con gli altri concentrandosi sull’ascolto. Ascoltare gli altri implica presenza con l’attenzione e con l’interazione di feedback subliminali che confermano o meno l’approvazione.
Ci sono anche persone che temono lo sguardo. Ciò succede nei timidi ma anche nei mistificatori. Il timido fugge dagli sguardi altrui, spesso manifestando reazioni vegetative quali arrossire o sudare. L’ingannatore, invece, rifugge lo sguardo degli altri perché ne percepisce il potere di scrutare nella sua mente mentre elabora qualcosa di diverso rispetto a ciò che sta dicendo.
Inoltre, è interessante notare che comportamenti empatici siano stati messi in evidenza anche tra uomo e animali. I rapporti di accordo e complicità che si instaurano tra uomo e cane, inutile sottolinearlo, sono di una meraviglia disarmante. A questo proposito molte ricerche sono arrivate alla conclusione che i cani, al pari degli esseri umani, hanno una sofisticata facoltà di “cognizione sociale”. Lo sguardo, quindi, è una funzione organizzata, un istinto presente negli uomini, in alcuni primati e nei cani.

E nelle varie forme di espressione artistica? Senza dubbbio è tanto difficile esprimere lo stato d’animo di uno sguardo in un quadro o in una statua quanto arduo è in letteratura dare forma alle parole per esprimere le emozioni di uno sguardo.
I neuroni coinvolti nello sguardo sono i cosiddetti neuroni specchio. Una delle funzioni svolte dal “sistema specchio” è proprio quella di seguire lo sguardo. Tale sistema fu introdotto da Giacomo Rizzolatti e Marco Iacoboni nel lavoro “Mirroring people”, dove esso viene rappresentato come una varietà di abilità sociali quali l’imitazione e l’empatia. In pratica, questi neuroni si attivano in modo simile, grazie a stimoli visivi e uditivi associati con le azioni degli altri. Quindi si può dire che i neuroni specchio ci aiutano a ricostruire nel nostro cervello le intenzioni delle altre persone.
In conclusione, le vicende dei nostri giorni ci hanno fatto recuperare la cognizione dell’importanza dello sguardo come imprescindibile funzione nella vita quotidiana, perché è lo strumento attraverso il quale è possibile instaurare un dialogo pur restando in silenzio.