ll valore del tempo

Un altro anno è arrivato alla fine. Per il tempo che passa forse l’unico antidoto è viverlo il più consapevolmente possibile.

Di Andrea Tomasini – giornalista scientifico

E’ una settimana o poco più che non mi rado testa, guance e gola. Capelli e peli lunghi: mi racconto che lo faccio per poter poi perfezionare la barba, sagomarla al meglio. Invece, come talvolta son costretto a confessarmi, è perché cerco di lasciarmi indietro. Troppo preso da cose che non mi appagano e quasi a marcare la situazione di insoddisfazione momentanea, non mi curo di tagliar via le tracce di ieri.

S’accumulano così millimetro dopo millimetro sulla pelle – sul viso- irsutismi di storie e stati d’animo che reclamano un’attenzione interpretativa, una lettura attenta. Mi accade lo stesso con i giornali che compro e non leggo, ma neanche butto. Leggere il giornale sfasato rispetto al giorno in cui è uscito dilata il tempo e ridimensiona almeno il tono delle asserzioni fatte. Rivendico il diritto a non avere un’opinione su tutto, ma solo su quello che riesco ad approfondire. In più – lo dico da curioso- ci sono cose che non mi interessa sapere. E rivendico la necessità –direi il diritto- di disporre del tempo per valutare, domandare e capire.

Mi passo la nano sulla testa e sotto la gola e mi fa strano sentire tutti questi pungiglioni, emersi dalla pelle come reazione a ciò che accade – reazione del tutto aspecifica, perché è solo il trascorrere del tempo che li fa crescere e imbiancare. A ogni passaggio la sensazione -sia sulla pelle del volto sia su quella sulle mani- mi aiuta a ricordare che il tempo passa, ma occorre esserci e l’antidoto è viverlo il più consapevolmente possibile.

Domenica ho visto per strada una pubblicità irritante che mi torna in mente e mi rammarico non aver fotografata. L’immagine grande e parziale ritrae il quadrante di un orologio e il testo recita, più o meno: “conosciamo il valore del tempo: compriamo orologi di lusso”. Ho al polso un orologio cinese pagato circa 13 euro. Delicato e bizzarro: se ci faccio la doccia ci piove dentro; ha il quadrante fosforescente ma lo sono anche le lancette, così che al buio si vede un discoide verdognolo senza riuscire a distinguere l’ora. Quando lo guardo di notte, svegliandomi al buio, riesco solo a capire che è più tardi di prima, intuendo soltanto e non leggendo l’ora che è. Il valore del tempo prescinde dal costo dello strumento per misurarlo – giocare sull’equivoco genera fraintendimenti nelle menti più suggestionabili. Mi secca questa volgarizzazione.

Quando è notte succede che dici che hai fatto tardi se è prima di coricarti, ma affermi che è presto se ti svegli prima dell’ora prefissata. “Tardi e presto” non attengono alla qualità – ma suggeriscono di agganciare ad altro la percezione per articolare un giudizio, che si basa su “prima e dopo”. L’irsutismo disordinato che è esito del mio mancato accudimento quotidiano l’ho detto, è aspecifico. Ho la sensazione che questione di fondo resti l’ancoraggio.

L’illusione con cui, in questo scorcio dell’anno, si mitiga la questione è l’acquisto della nuova agenda. Scriverci mi aiuterà a capire almeno quanto tardi sono e ho fatto: spero solo di riuscire ad andare a comprarla in tempo – prima che si concluda l’anno e che in negozio non sia finita…

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