“Jolly & Jolly Blue – C’era una volta la sala giochi”

Un libro sulla storia di videogames e sale giochi. Raccontata da Alessandro Paola Schiavi, erede di terza generazione del locale di Voghera che fu una delle prime sale giochi in Lombardia

Di Danilo Ruggeri – giornalista scientifico

«La vita è un gioco e l’unica certezza che abbiamo è che non dobbiamo mai smettere di giocare, qualsiasi direzione prenda il nostro cammino». E’ la riflessione che il trentenne Alessandro Paola Schiavi – giornalista oltre che direttore artistico al Teatro Cagnoni di Godiasco Salice Terme (Pv) – vuole condividere con i lettori nelle pagine conclusive del suo libro “Jolly & Jolly Blue – C’era una volta la sala giochi”, un amarcord dedicato alla storia di questi locali di ritrovo per cimentarsi con i videogame e in particolare all’apertura a fine anni ’70, precisamente a Voghera, da parte della famiglia Schiavi di una delle prime sale giochi in Lombardia, battezzata con il nome di Jolly, a cui ha fatto seguito l’apertura poco tempo dopo a Pavia di un’altra sala giochi, la Jolly Blue da parte della famiglia Fraccaroli, soci della famiglia Schiavi. Sul territorio nazionale sono state aperte negli anni oltre 100 attività che hanno portato uno di questi due nomi.

Alessandro Paola Schiavi, classe 1993, giornalista autore del libro

La notorietà di questo nome fuori provincia arriverà grazie al cantante pavese Max Pezzali, che con i suoi ricordi raccontati attraverso la musica spiegherà meglio di tutti che cosa ha significato per lui, e non solo, quel mondo.

Patrocinato dal Comune di Voghera, in collaborazione con Agenzia CreativaMente Editore, la copertina del libro, opera dell’artista caricaturista ufficiale del Festival di Sanremo dal 2007 Andrea Tagliaferri, è un omaggio alla sala giochi di Voghera di cui l’autore è erede di terza generazione e ne ha ritrovato alcuni reperti unici come le prime licenze commerciali, i regolamenti imposto all’epoca per il numero di videogiochi e tante immagini inedite territoriali ritrovate dall’autore nelle ricerche storiche, alcune inedite e mai pubblicate.  Nel libro sono inoltre presenti contributi di storici e appassionati Arcade quali Marco Marabelli, ideatore del gruppo Facebook “L’alba dei videogiochi”, Andrea Ragni, appassionato storico pavese e il fondatore della pagina “Aracede Story” Antonio Nati, cultore dei cabinati Arcade e l’unico in Italia ad organizzare fiere dedicate ad hoc, nonché scelto da Amadeus per il Festival di Sanremo 2021 per esporre i suoi cabinati presso il Casinó del teatro Ariston. La prefazione del libro è a cura di Ondina Torti, membro Rotary Club Valle Staffora e figlia del centroavanti di serie A Mario Torti, che negli anni ’60 si ritrovò “adottata” da una Voghera pre-sale giochi, vivendo così il boom pop culturale in prima persona.

Entrando nello specifico dell’opera,l’autore ci riporta a rivivere il cambiamento epocale nel mondo dei giochi iniziato a partire dalla fine degli anni ’70 e perdurato fino alla fine agli anni ’90 con il boom dei cosiddetti Arcade, cioè i videogiochi cabinati in cui lo schermo e i comandi erano inseriti in mobili dalle più fantasiose decorazioni e funzionavano solo dopo avere introdotto gettoni o monete. Dai primi modelli caratterizzati da giochi elementari, come quelli in cui si doveva sparare a ripetizione da una navicella spaziale grossolanamente stilizzata contro dei meteoriti o il gioco del ping-pong in cui si doveva colpire la pallina muovendo solo verticalmente una barretta mobile, si è passati nel corso degli anni a macchine e software più sofisticati che ci hanno fatto giocare con personaggi come Pacman, Donkey Kong e Super Mario fino ai simulatori di guida sempre più realistici.

Il libro di Alessandro Paola Schiavi è tuttavia caratterizzato da piani di lettura mirabilmente embricati tra loro: la meticolosa ricostruzione storica dell’evoluzione tecnologica del video-gaming si aggancia, infatti, alla narrazione di come, grazie all’intuizione della famiglia dell’autore, sia nata non solo una tra le prime sale giochi nella regione Lombardia, ma anche un fenomeno sociologico tra i più rilevanti relativamente alle abitudini dei giovani in un periodo storico e culturale così particolare come quello degli anni ’80 e ‘90. Un libro che ci aiuta a capire meglio anche la nostra società.

Le sale giochi erano e sono state un momento di ritrovo, di gioco, di gioia, di amicizia, di risate e perché no, anche di rabbia quando si perdevano le partite. Ed era proprio questo l’obiettivo di chi le frequentava: vincere una partita. Eppure, anche nell’epoca descritta nel libro non erano poche le persone tra genitori, critici, psicologi e media che consideravano le sale giochi come un luogo da cui stare lontani. Ma chi di noi non si è mai cimentato in una partita a un videogame?  E oggi potremmo dire che quelle sale giochi erano davvero luoghi di perdizione?

Siamo lontani anni luce dal concetto della sala giochi odierna, caratterizza da slot-machine, VLT, videoscommesse, cioè un luogo in cui l’obiettivo è arricchirsi con il gioco, un approccio che spesso sfocia in situazioni patologiche come la ludopatia, causa di non pochi drammi. «In un decennio di videogiochi per console costose nonché violenti per davvero, direi che un esamino di coscienza quelli che giudicarono le care vecchie sale giochi come luoghi negativi dovrebbero farselo», sottolinea l’autore nella premessa.

Le vecchie sale giochi, in cui il divertimento era proprio il gioco fine a se stesso, hanno rappresentato un nuovo modo di socializzare tra ragazzi, e dovremmo piuttosto chiederci se non fosse meglio quel modello rispetto a quanto avviene oggi, in cui giovani e meno giovani preferiscono interagire attraverso lo schermo di uno smartphone.

La presentazione del giovane autore, direttore artistico al Teatro Cagnoni di Godiasco Salice Terme

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