Di FRANCESCA FADALTI


Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, oltre l’80% dei deficit visivi può essere prevenuto o curato. E, sempre secondo le stime dell’Oms, senza interventi decisi, l’84% di tutti i casi di cecità e ipovisione riguarderà gli ultracinquantenni. Eppure, la metà degli italiani non fa mai controlli della vista, e tra il 30% che ha effettuato negli ultimi 12 mesi una visita oftalmologica 1 su 5 dichiara di essere tranquillo perché l’ha fatta dall’ottico.
Questi ultimi dati sono stati presentati a Roma lo scorso 13 dicembre (data scelta non a caso, visto che in questa giornata si ricorda Santa Lucia, protettrice della vista) e sono frutto di un sondaggio online realizzato da OSVI, Osservatorio per la Salute della Vista (www.osvi.it), nato un anno fa per sensibilizzare sull’importanza della prevenzione. Obiettivo del sondaggio: capire quanta cura dedicano gli italiani alla prevenzione e alla difesa della vista. Nove domande mirate a raccogliere informazioni sulle abitudini di uomini e donne tra i 45 e i 60 anni.
Per il professor Carlo Nucci, direttore dell’Unità Operativa Complessa di Oculistica presso il Policlinico Universitario di Roma Tor Vergata, l’apparato visivo è una sorta di finestra del cervello e della salute generale verso l’esterno. Ecco un paio di suoi promemoria per noi:
►Sottoporsi ad una visita oculistica periodica è di estrema importanza ed altrettanto fondamentale è rivolgersi alla figura professionale corretta per non incorrere in possibili rischi per la nostra vista. L’oculista è il medico specialista qualificato per diagnosticare e curare le malattie degli occhi, eseguire interventi chirurgici, prescrivere occhiali ed applicare lenti a contatto.
►Ricordarsi che avere dei disturbi agli occhi di cui non si riesce a capire la causa può essere l’unico campanello d’allarme di malattie di altra natura (neurologiche, immunologiche, vascolari, ecc.). Inoltre, gran parte delle patologie oculari
sono silenti e non causano disturbi se non in fase avanzata, quando ormai
l’occhio può risultare definitivamente compromesso.
“Porto ad esempio la cataratta- spiega Nucci-; è una patologia che spesso si riscontra dopo i 60 anni; evolve in maniera estremamente lenta, così il paziente può addirittura non accorgersene. Ci si abitua a veder meno, vedere i colori con una diversa tonalità e non si dà peso a questi segnali perché il nostro organismo è abilissimo ad adattarsi. Tuttavia, tutto ciò può interferire sulla qualità della vita che ci spinge ad attività più tranquille, a non prendere la macchina alla sera, ad incorrere in piccoli incidenti domestici”.
C’è di più. Una visita oftalmologica completa ci permette, anche, d’individuare la presenza del glaucoma, malattia a carattere neurogenerativo ( in Italia si parla di 4.500 nuovi casi di cecità ogni anno a causa di questa patologia), che se individuata in una fase troppo avanzata non si riesce più a recuperare, mentre il danno che si è acquisito diventa irreversibile. (al glaucoma GenerazioneOver60, in aprile, dedicherà un completo e aggiornato dossier, ndr).
• Un altro aspetto su cui ha voluto indagare il sondaggio riguarda le motivazioni delle visite. Il 30% lo ha fatto perché gli serviva una revisione degli occhiali da vista, il 10% perché aveva un disturbo, l’8% per un controllo periodico, e solo il 6% per fare prevenzione. • L’aderenza alla terapia, poi, è senz’altro uno dei problemi più importanti nel trattamento del paziente glaucomatoso – interviene Nucci -: solitamente i
pazienti devono somministrare più colliri più volte al giorno e spesso non sono in grado di instillarli correttamente trovando difficile l’utilizzo dei flaconcini che li contengono. Ciò riduce fortemente la loro qualità di vita e li porta a dimenticanze o ad errori di somministrazione.
Gli effetti collaterali di una terapia ipotonizzante locale sono inoltre, sovente, causa dell’abbandono della terapia. E’ pertanto compito del medico oculista sensibilizzare il paziente sull’importanza del corretto uso della terapia topica e valutare l’eventuale ricorso alla chirurgia per ottenere, qualora necessario, un maggiore effetto terapeutico”.
• Un altro dato è quello relativo alle gocce oculari. Il 62% degli intervistati le utilizza solo per risolvere problemi occasionali, il 28% non le usa affatto, ma il 10% vi ricorre per condizioni croniche (per esempio, il glaucoma o la sindrome dell’occhio secco). Tra le problematiche che limitano il ricorso ai colliri, il 14% segnala che la goccia esce dall’occhio, il 9% ha difficoltà a mantenere l’occhio aperto e un altro 9% (uno su 10) dichiara di aver bisogno necessariamente di qualcuno che l’aiuti, con il rischio di abbandonare la terapia o non seguirla correttamente.
Ecco perché nel sondaggio Osvi, un intervistato su 5 (il 21%) dichiara che la situazione ideale sarebbe poter assumere una compressa anziché mettere le gocce. Anche la ricerca sta prendendo atto di queste esigenze e, soprattutto nell’ambito del glaucoma, sta cercando di trovare nuove modalità di somministrazione, sia per le terapie ipotonizzanti sia per quelle di supporto ad azione
anti-ossidante. E’ il caso del coenzima Q10 (sostanza ad azione neuroprotettiva) ora disponibile anche sotto forma di compresse.
“Certamente- spiega il professor Stefano Gandolfi, direttore dell’Unità Operativa Complessa di Oculistica dell’Azienda Ospedaliero – Universitaria di Parma – il CoQ10, assunto per bocca, è un modo per affrontare il problema della difficoltà nella somministrazione dei colliri ed è una opportunità in più, soprattutto nel paziente che già segue una multiterapia topica con gocce”.
Infine, per concludere e per contrastare il naturale processo d’invecchiamento dell’occhio, spiegano gli specialisti, è fondamentale abbinare ai regolari controlli un’alimentazione sana, una vita all’aria aperta e una regolare attività fisica.