Assonanze tra la “clausura” dovuta all’attuale pandemia e l’esperienza che vivono i ricoverati in ospedale
Di Paola Emilia Cicerone – giornalista scientifica
C’è anche chi l’estate la vede passare dalle finestre di un ospedale. Come i protagonisti di uno dei racconti di Noria Nalli, che riescono a rompere la monotonia del ricovero grazie ai fuochi di artificio programmati per ferragosto in un paese vicino. Un momento luminoso che regala felicità ed emozione ai ricoverati che li ammirano dal corridoio delle camerate. E’ uno degli episodi raccontati in A che ora passa il treno per la guarigione? (www.amazon.it/che-ora-passa-treno-guarigione-ebook/dp/B086Z74NDS )nato da una raccolta di racconti scritti da Nalli – scrittrice e blogger con il suo http://www.sclerotica.it/- durante un lungo ricovero in un reparto di neurologia, e in parte apparsi sulla cronaca di Torino de La Stampa.
Il libro si compone di una galleria di rapidi bozzetti, ritratti raccontati “a distanza ravvicinata”, come li definì Franco Bomprezzi in una nota scritta poco prima di morire. Leggendoli oggi, è inevitabile cogliere le assonanze tra la clausura cui tutti siamo stati costretti in questi mesi di pandemia e l’esperienza che vivono i ricoverati in ospedale. Dove ogni reparto è un piccolo universo, e al tempo stesso un palcoscenico sul quale si avvicendano protagonisti e comprimari. Un mondo con le proprie leggi, ma sempre aperto verso l’esterno perché i malati, e non lo si ricorderà mai abbastanza, non sono “solo” malati ma persone con i loro progetti e le loro passioni.
L’autrice si descrive come una sorta di “inviata di guerra”, che deve aguzzare la memoria e lo spirito di osservazione per raccontare i suoi personaggi in una serie di flash declinati su registri diversi, dove l’ironia lascia il posto alla malinconia, alla tenerezza o all’ilarità ma anche a note più drammatiche. Proprio come succede nella vita, proprio come succede – e chiunque ci sia passato lo sa – nelle camerate di un ospedale.
Così, incontriamo il poeta del reparto e chi cerca di alleggerire il clima un po’pesante con una barzelletta, chi vive rivolto al passato e chi si ritaglia qualche momento di libertà nel giardino dell’ospedale. Un mondo che dovrebbe forse essere osservato con maggiore attenzione da chi gli ospedali li gestisce, e a volte finisce (come avviene in uno dei racconti) per esaurire nelle scarne note di una cartella clinica la vicenda umana dei pazienti. Tra i protagonisti del libro incontriamo la sclerosi multipla, la malattia di cui soffre l’autrice, che porta con sé le ansie inevitabili di chi si trova limitato nei movimenti, è costretto a ricorrere all’aiuto di altri e lotta per essere riconosciuto come una persona – “una donna” sottolinea Nalli – e non solo un disabile. Ma ci sono anche la musica e la poesia, l’amicizia, un panorama speciale e un occasionale gesto galante: tutto quello che la scrittrice definisce “cibo per l’anima” e che può essere di aiuto, come ha aiutato noi durante il lockdown, quando si attraversa un momento difficile.