Le persone con disabilità vanno in vacanza?

Alberghi inaccessibili ed esigenze particolari non vietano ai disabili di fare i turisti

Di Antonio Giuseppe Malafarina – giornalista e blogger

Una domanda ricorrente in tempi estivi riguarda le vacanze. Non andarci sembra peccato mortale. Eppure ci sono persone che in vacanza non vanno mai e fra queste tante persone con disabilità. Le condizioni economiche, fisiche e sociali spesso non consentono di spostarsi a tanti e alle loro famiglie, ma ciò non vuol dire che tutte le persone disabili restino a casa. L’ambito della disabilità è così variegato che è inevitabile chiedersi se le persone con una data condizione di salute e un dato contesto ambientale, in una società ampiamente corredata di barriere, abbiano la possibilità di andare in vacanza. Al di là delle scelte personali e dei fattori economici e sociosanitari le ricerche segnalano la tendenza a desiderare di dirigersi verso luoghi di villeggiatura, le città d’arte e qualunque meta turistica. Emblema della tendenza è la nascita di quella branca del turismo che va sotto il nome di turismo accessibile.

Andando per gradi possiamo partire da qualche dato, benché non ve ne siano di recenti. E per questo chiediamo l’ausilio di Roberto Vitali, cofondatore di Village for All (V4A), società specializzata nel turismo per tutti. Le sue analisi ci portano al Mind the Accessibility Gap: Rethinking Accessible Tourism in Europe, ultima indagine europea affidabile datata 2014, dove riscontriamo questi dati: 127 milioni di persone con particolari esigenze di accessibilità, di cui 10 in Italia; fattore moltiplicatore x2, cioè ogni cliente porta con sé altre due persone, che siano accompagnatori, familiari, amici; durata media di oltre 10 giorni per più di un viaggio all’anno. A questi dati si aggiunge la considerazione ancora proveniente dall’indagine: un incremento del fatturato del 20% per l’imprenditore che investe nel campo. La veloce rassegna mostra la presenza di un mercato, e dunque sgombra la mente dal convincimento che il turismo accessibile sia una pura questione etica o di adempimento burocratico. Il concetto di turismo accessibile come norma non è tuttavia ancora esteso, pertanto il cliente disabile fatica a soddisfare la sua esigenza turistica. E questo succede anche perché egli stesso talvolta non conosce propriamente le sue esigenze. Capita che non si renda conto di quanto pesi la sua carrozzina o di quanto sia larga e che, pertanto, non sia in grado di muoversi in certi luoghi.

Ma come fare per rendere accessibile una meta turistica? Innanzitutto bisogna dire che rendere accessibile il solo punto di destinazione non basta. Il singolo servizio non fa l’accessibilità dell’offerta. Per consentire alle persone con disabilità di fare turismo vero bisogna agire affinché le località di destinazione siano accessibili. Quindi deve essere accessibile la struttura prescelta, naturalmente, ma anche il contesto: i mezzi di trasporto, le strade, gli esercizi pubblici e via dicendo. Il turista disabile deve potersi muovere al di fuori dell’albergo dove ha scelto di villeggiare e deve parimenti trovare un albergo accessibile nell’intorno del museo che ha scelto di visitare.

Dal 2012 esiste la Bandiera lilla, cioè un riconoscimento a quei Comuni che si impegnano verso le questioni dell’accessibilità su più livelli. Esistono poi altre certificazioni e dello stesso Vitali segnalo il marchio Destination4All, che si mette in luce perché è assegnato dopo un approfondito lavoro di concertazione con le realtà locali per l’effettiva concretizzazione dei principi dell’ospitalità per tutti. Le agenzie sono in grado di fornire pacchetti vacanze accessibili con crescente interesse, ma se si vuole scegliere una località diversa dall’offerta si deve ricorrere ai siti specializzati e ad ampie ricerche in Internet. Diffusi, infatti, sono gli spazi di discussione dove segnalare la presenza di barriere in un luogo a cui l’utente può attingere per sapere se a quella destinazione troverà impedimenti. La via migliore per contribuire a far conoscere l’accessibilità di una meta sta nel fornirne la massima quantità di informazioni sulle caratteristiche tecniche del posto. Questo per offrire agli altri una dettagliata panoramica del luogo affinché il cliente sappia a cosa va incontro e possa comprendere se quella destinazione è più o meno adatta a lui. Anche in presenza di accessibilità, cui la legge obbliga quantomeno dal 1989, è bene far capire ai potenziali clienti come questa è stata realizzata affinché ognuno possa comprendere se il grado di accessibilità della meta gli è sufficiente, considerato che la disabilità non è standard e che le disposizioni sono destinate a un utente standard che potrebbe non corrispondere alle caratteristiche individuali.

La risposta alla domanda sul come rendere una località turistica accessibile sta nell’applicare le norme sull’accessibilità, ma non basta: in fase di realizzazione di un loco, o di puro abbattimento delle barriere, sarebbe bene confrontarsi con i clienti per ottenere il massimo livello di accessibilità per tutti. Accessibilità che si connota anche e soprattutto attraverso l’ospitalità, per la quale bisogna abbandonare metro e goniometro e dotarsi di senso della relazione e studio della disabilità. L’accoglienza, elemento principe delle pratiche turistiche, deve essere massima e di competenza. Nelle strutture della filiera turistica servono persone che siano formate per avere a che fare con le persone con disabilità, ovvero che sappiano dare loro le indicazioni più opportune con il giusto approccio e che sappiano soddisfare le esigenze anche più estemporanee. L’accoglienza mancata, incompleta o molesta è una deficienza che chi lavora nel campo della ricezione non può permettersi.

 Le persone con disabilità, quindi, in vacanza ci vanno se possono. Fino a non molti anni fa non potevano del tutto per l’inesistenza dell’offerta. Ora l’offerta comincia a esistere ma il turista disabile è ancora lontano dall’avere possibilità paragonabili a quelle del turista comune. Gli operatori del settore comprendano che c’è un mercato che aspetta e che è fatto di numeri importanti.

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