La “Fist di Settefisc” è il menu obbligatorio della cena della Vigilia di Natale in ogni famiglia Italo-americana, anche in casa di Jim e Claudia
Dalla nostra corrispondente a New York
Flavia Caroppo – giornalista
«Ci ha tolto Pasqua, le vacanze estive, Halloween, la festa del Ringraziamento e pure San Gennaro… Mr Covid non ci toglierà anche la Fist di Settefisc. Non è Natale senza i Settefisc. Capisci?».
La “Fist di Settefisc”, ovvero la Festa dei 7 pesci, è il menu obbligatorio per la cena della Vigilia di Natale in ogni famiglia Italo-Americana (o meglio Ameritaliana, ovvero americana ma di origini italiane) che si rispetti. Compresa quella di Jim, che nonostante di cognome faccia Czajkowski è per metà italiano di sangue (sua madre è di Ariano Irpino, il padre polacco), e per l’altra metà italiano d’amore. Sua moglie Claudia Giuliani, infatti, è barese purosangue e i loro due figli, Aleksandra e James, parlano la nostra lingua perfettamente (e con il nonno Giuseppe Giuliani, attore teatrale di opere in vernacolo, azzardano persino conversazioni in dialetto barese).
«Io ho cercato di spiegare che in Italia la “Fist di Settefisc” non esiste come tradizione nazionale, che se la sono inventata gli immigrati qui in America. Ma non sono mai riuscita a convincerli e non ci provo neanche più», interviene Claudia, la veterinaria più amata del Connecticut (da cani, gatti e umani).
In quasi 16 anni di matrimonio, Claudia è riuscita a cancellare dal menù “italiano” della famiglia di suo marito gli Spaghettimittbols, ovvero spaghetti and meatballs (spaghetti con le polpette, da servire come piatto unico e pronunciare come parola unica), le Fettuccini Alfredo (cioè fettuccine -o un qualsiasi formato di pasta, in realtà- condite con una versione in barattolo di quella cremina che si forma quando facciamo una semplice pasta al burro all’italiana), o il chicken parmesan (diffusissima “parmigiana di pollo”, ovvero filetti di pollo a strati ricoperti di pomodoro e mozzarella, che in italiano non sappiamo neanche che cosa sia).
«Però mi sono piegata anch’io alla tradizione dei 7 pesci», continua Claudia. «In fondo non è troppo lontana da quello che si fa nella mia famiglia, a Bari, e in gran parte d’Italia specialmente al Sud. Da noi la cena della Vigilia è di magro, a base di pesce e verdure».
A Bari però, e lo so per esperienza personale, più che su 7 pesci il cenone della vigilia di Natale si basa sui frutti di mare (per i baresi ogni occasione è buona per mangiare frutti di mare crudi). Ostriche, noci (prelibato mitile che nel resto d’Italia si chiama tartufo di mare perchè va scavato fuori dal fondale sotto le rocce, come un tartufo va scavato dalla terra sotto alcuni alberi), cozze nere, cozze pelose, ricci di mare, taratuffi (il tartufo di mare made in Bari, una spugna dall’esterno calloso il cui sapore ricorda l’acido fenico, apprezzata solo dagli irriducibili dei frutti di mare), e poi vongole, lupini, mussoli (conchiglie dalla forma strana, difficili da aprire, che a Bari si chiamano piedi di porco), polipetti crudi arricciati (cioè battuti su uno scoglio fino a renderne le carni molto tenere), e gli immancabili allievi, seppioline nate da poco che si mangiano generalmente intere (testa compresa) o tagliate a striscioline sottili (la testa resta intera, a parte) senza alcun condimento.

«Io e Jim ci occuperemo, come tradizione, proprio del crudo, come lo chiamiamo noi», racconta ancora Claudia, che spiega anche come in famiglia cercheranno di mantenere viva la festa anche se, a causa della pandemia e del divieto di aggregarsi, non ci sarà la solita tavolata (più il tavolo dei bambini) ad invadere gioiosamente la casa di uno o dell’altro membro della famiglia.
«Quest’anno ciascuna di noi quattro cognate preparerà una parte delle 13 portate che compongono la Festa dei 7 Pesci, e poi ce le scambieremo, in modo che ogni famiglia abbia un menu completo senza dover sfacchinare», racconta Claudia. E continua: «Abbiamo già ordinato tutto nella nostra pescheria di fiducia. Il 24 mattina, all’alba, partiremo da Trumbull, in Connecticut, alla volta di New York, precisamente Arthur Avenue, nel Bronx, la vera Little Italy sconosciuta ai turisti. Qui caricheremo in macchina le cassette di frutti di mare freschissimi che abbiamo fatto confezionare per ciascuna famiglia (sono cinque in totale, tra cognati e suoceri, compresi loro). Al ritorno, lasceremo il nostro gustoso contributo sulla soglia di casa dei destinatari, e prenderemo le prelibatezze gastronomiche che ciascuna famiglia ha preparato per gli altri. Sarà un viaggio di circa 4 o 5 ore tutto compreso, sperando di partire tanto presto da evitare il traffico, altrimenti chissà quanto ci metteremo! Ma per rispettare la tradizione, almeno a tavola, e dare una parvenza di normalità a questo Natale ne vale la pena», conclude.
Il menù di questa vigilia deve restare un segreto, al momento lo sanno solo le cuoche, che hanno creato un gruppo Whatsapp per organizzarsi, vietato agli estranei. Con un’unica eccezione, quella fatta per noi (che lo pubblichiamo a Vigilia passata ormai) e di nonna Mariella, che non potendo contribuire con il suo buonissimo baccalà fritto (per colpa della pandemia è dovuta, ovviamente, restare in Italia) è stata aggiunta al gruppo per poter almeno condividere la segretissima ricetta con la famiglia allargata americana.
Se volete provare a fare la Festa dei Sette Pesci non vi tocca aspettare il prossimo Natale. «In casa mia i Settefisc è la cena del 24 dicembre, ma qui in America molti fanno la Feast il 31 dicembre, per portare fortuna nel nuovo anno», racconta ancora Jim. Che spiega anche l’importanza dei numeri sette (i tipi di pesce) e 13 (le portate).
«Mia nonna Maria diceva che 7 era per ricordare la settimana di viaggio di Maria e Giuseppe da Nazareth a Betlemme. Le 13 portate, invece, rappresentano il numero dei commensali all’Ultima Cena. Noi bambini», ricorda Jim, «dovevamo conservare un boccone di ogni portata da lasciare, a fine cena, sul tavolo, per sfamare gli angeli che durante la Notte Santa sarebbero venuti a fare visita».
Il menu della Feast dei Sette Fisc 2020
Ecco cosa hanno mangiato gli angeli (o Babbo Natale) quest’anno a casa di Jim e Claudia:
Antipasti:
1. Filettini di baccalà fritti in pastella
2. Polipo all’insalata
3. Crudo di mare
Primo:
4. Spaghetti allo scoglio, o con le vongole, o con il sugo di capitone, o tubettini alle cozze in bianco.
Secondi:
5. Seppie, patate e cipolle
6. Capitone (arrostito o al sugo) o branzino, orata, etc al forno
7. Gamberetti fritti in pastella
Contorni:
9. Insalata di rinforzo
10. Cardi al forno con olive e capperi
11. Finocchi crudi e pinzimonio
Dolci:
12. Panettone/Pandoro/Cartellate
13. Tronchetto di Natale
Il baccalà fritto in pastella di Mariella
n.b. Mariella raccomanda di iniziare la preparazione del baccalà in pastella presto la mattina del 24 dicembre
Ingredienti per quattro persone:
700 grammi di baccalà ammollato
150 grammi di farina di grano duro (semola rimacinata)
100 grammi di farina 00
25 grammi di lievito di birra
acqua tiepida
olio
sale e pepe q.b.
Preparazione
Sciacquate sotto l’acqua corrente il baccalà per dissalarlo ulteriormente e fatelo sbollentare, per qualche secondo, in acqua bollente non salata. Privatelo della pelle e delle spine, e lasciatelo riposare ed asciugare per almeno quattro ore.
Appena sarà completamente freddo, riducetelo in piccoli tocchetti, tenetelo da parte, sempre su un canovaccio asciutto, e preparate la pastella che dovrà lievitare per almeno un paio d’ore.
Sciogliete il lievito di birra in mezzo bicchiere di acqua tiepida. In una ciotola setacciate i due tipi di farina, unite il lievito di birra sciolto in acqua ed un pizzico di sale. Amalgamate accuratamente con un cucchiaio di legno o, meglio ancora, con le mani (la velocità del mixer, infatti, potrebbe compromettere la corretta lievitazione). Mescolate con cura, in modo da evitare la formazione di grumi. La consistenza ideale del composto dovrà essere semifluida. Se, invece, dovesse risultare troppo denso, diluite con qualche altro cucchiaio di acqua tiepida.
Coprite la ciotola con un telo e fate riposare la pastella, in un luogo riparato (l’deale, per esempio, è il forno di casa; acceso e spento dopo un paio di minuti, tanto da raggiungere una temperatura appena tiepida). Trascorse due ore, osservate la superficie dell’impasto che, se presenterà delle piccole bolle in superficie, vi indicherà il raggiungimento di una ottimale lievitazione.
Prendete un pentolino abbastanza capiente e profondo (potete usare anche la friggitrice elettrica, avendo però cura, di lasciare aperto il coperchio, per evitare che il vapore condensando ricada nell’olio bollente, abbassi la temperatura e comprometta la consistenza croccante della pastella) e riempitelo abbondantemente d’olio. Accendete la fiamma.
Appena l’olio avrà raggiunto una temperatura elevata, passate alcuni pezzetti di baccalà nella pastella e tuffateli, pochi pezzi alla volta, nell’olio bollente.
Aiutandovi con una paletta forata (schiumarola), girate i pezzi di baccalà e spingeteli verso il basso, in modo da farli dorare omogeneamente. Il fritto deve letteralmente “nuotare” nell’olio. In questo modo, infatti, ne assorbe meno, risulta più digeribile ed assume anche un gusto più delicato. A mano a mano che i tocchetti di baccalà saranno dorati e croccanti, prelevateli e fateli asciugare su carta assorbente [oppure carta marrone – L.C.] e proseguite, fino a quando non avrete fritto tutto il pesce a vostra disposizione.
Servite i pezzetti di baccalà fritti su un piatto da portata precedentemente riscaldato, cospargendoli di un pizzico di sale e, se gradite, pepe nero macinato al momento. Infine, per una pastella particolarmente croccante potrete sostituire parte dell’acqua con della birra bionda o con dello spumante (molto freddo, quasi ghiacciato).