Dalle profondità delle grotte di Frasassi alla scoperta della chiesa dentro una grotta. Fra colori e materiali che si rincorrono in un incessante turbinio visivo
Gli Erranti
Questo mese le nostre peregrinazioni ci portano nelle profondità della terra, e precisamente alle Grotte di Frasassi che si trovano in comune di Genga (Ancona) all’interno del Parco Naturale regionale della gola della Rossa e di Frasassi.
Queste grotte carsiche, uno dei percorsi sotterranei più grandiosi e affascinanti del mondo, sono entrate nei percorsi turistici abbastanza di recente: le prime ricerche di cui si ha notizia risalgono al 1948, mentre la vera e propria scoperta ad opera del gruppo speleologico del CAI di Ancona è datata 25 settembre 1971, e l’apertura al pubblico di parte dei percorsi è del 1974. Al momento della scoperta gli speleologi non si resero subito conto della vastità della grotta: solo dopo essersi calati e aver illuminato la grotta principale restarono sbalorditi dall’imponenza del sito, la cui esplorazione è proseguita negli anni successivi con sempre nuove scoperte.

Oggi parte della grotta, che mantiene tutto l’anno una temperatura costante di 14 gradi, è visitabile con percorsi organizzati, cui si aggiungono visite guidate per le scuole e percorsi speleologici per i più avventurosi (info https://www.frasassi.com/).

Si potranno così ammirare formazioni calcaree che si sono sviluppate nel corso dei millenni stimolando la fantasia degli speleologi, che le hanno “battezzate” in maniera curiosa. Tra le stalattiti e le stalagmiti più famose ricordiamo i “Giganti”, il “Cammello” il “Dromedario” e l'”Orsa”, così chiamati per la forma che ricorda questi animali, la “Madonnina”, la “Spada di Damocle” (la più grande delle stalattiti con i suoi 7,40 m di altezza e 150 cm di diametro), le “piccole cascate del Niagara”, la “Fetta di pancetta” di colore rosa chiaro e la “Fetta di lardo” in calcite bianca, l'”Obelisco” che troneggia con i suoi 15 metri di altezza al centro della Sala 200, il “Castello delle Streghe” e le “Canne d’organo” concrezioni conico-lamellari che risuonano se colpite dall’esterno.

Ma in una regione meravigliosa come le Marche sarebbe un peccato limitarsi alla visita delle grotte. Tanto più che poco lontano sorge in uno scenario fiabesco l’imponente abbazia romanica di san Vittore delle Chiuse, risalente all’XI sec, una delle più importanti testimonianze dell’architettura romanica in questa regione. Nel cenobio dell’abbazia si trova inoltre il Museo speleopaleontologico e archeologico di Genga che custodisce reperti trovati nella zona, tra cui il famoso ittiosauro, un rettile marino lungo circa tre metri vissuto nel giurassico superiore, circa 150 milioni di anni fa.

Ma le sorprese non sono finite: tornando verso il paese di Genga incontriamo un percorso in salita di circa 800 metri ma ben lastricato, che porta a un piccolo gioiello in stile neoclassico che papa Leone XXII, originario di Genga, decise di edificare nel 1828 all’interno di una grotta, su disegno dell’architetto Giuseppe Valadier. Ribattezzato Tempio del Valadier, il santuario, all’interno del quale si trova una copia della Vergine con bambino di Antonio Canova (si può ammirare l’originale al Museo di Genga), fa parte dell’eremo di Santa Maria Infra Saxa: le sue forme ottagonali in travertino bianco creano un magico contrasto con il colore scuro delle pareti rocciose.
Alla destra del santuario si trova, addossato alla parete rocciosa, il Santuario della Madonna di Frasassi o Santa Maria Infra Saxa, un piccolo luogo di culto fondato intorno al 1029 da monache Benedettine, che ancora oggi accoglie le preghiere di coloro arrivano quassù.

E dopo queste visite culturali possiamo concederci un po’ di svago andando per cantine alla scoperta della Strada del Verdicchio di Jesi o di Matelica, che inizia proprio a Genga.