Incontro con Jane Goodall

Una lezione imperdibile sull’ambiente tenuta a Milano dalla nota primatologa ottantottenne Jane Goodall, seguita con entusiasmo da un pubblico di tutte le età

Di Paola Emilia Cicerone – giornalista scientifica

Jane Goodall, la celebre primatologa

Ci sono incontri che emozionano. E per me tra questi c’è stata certamente l’opportunità di vedere e ascoltare Jane Goodall in occasione della sua venuta a Milano a fine ottobre. Un incontro dal titolo Esseri senzienti La ragioni di una speranza, organizzato dall’Unione Buddista Italiana per celebrare l’impegno della primatologa in difesa dell’ambiente e di tutte le creature viventi. E , acclamata come una star da un pubblico di tutte le età che ha fatto la coda per avere la gioia di ascoltarla, Goodall ha parlato a braccio in piedi per quasi quaranta minuti con una lucidità che smentisce i suoi ottantotto anni.

Che questa donna minuta sia fragile solo all’apparenza lo conferma la sua esperienza, brevemente sintetizzata nel discorso. “Fin da bambina amavo la natura, passavo ore per cercare di vedere una gallina deporre le uova”, racconta. “Poi i miei genitori mi regalarono uno scimmiotto di pezza che ho amato moltissimo”. Il pupazzo, ribattezzato Jubilee, trova ancora posto sulla scrivania londinese della Goodall.

 Ma la strada per diventare una primatologa non è stata facile per una signorina di buona famiglia priva della necessaria formazione accademica: “Devo tutto a mia madre”, racconta Goodall. “A dieci anni, quando le dissi che avrei voluto andare in Africa a studiare gli animali, mi rispose che avrei dovuto darmi da fare, e ce l’avrei fatta. E fu ancora lei che mi accompagnò nella mia prima trasferta al parco di Gombe”. Cominciò così l’avventura al seguito di Luis Leakey, il celebre antropologo che insieme alla moglie e collega Mary Leakey fu maestro e mentore delle tre primatologhe più celebri di tutti i tempi – un terzetto che lo stesso Leakey aveva ribattezzato Trimates -: la stessa Goodall, Dian Fossey che studiò i gorilla in Ruanda dove fu assassinata nel 1985, e Biruté Galdikas che si è occupata di oranghi. Goodall ha dovuto superare vari ostacoli laureandosi quando già svolgeva ricerche: “le mie idee sul fatto che gli scimpanzé avessero una loro personalità e fossero in grado di provare sentimenti furono duramente criticate”, ricorda.

Ma i suoi studi sulle interazioni familiari e sociali degli scimpanzé selvatici sono proseguiti per oltre sessanta anni – la più lunga ricerca di questo tipo mai realizzata – e oggi ci sono pochi dubbi che gli umani non siano gli unici esseri senzienti del pianeta, “e non parlo solo di scimpanzé”, osserva la primatologa. Che ci ricorda come noi umani non siamo separati dal regno animale: “ Vivendo nella foresta mi sono resa conto della nostra interconnessione con la natura e con le creature viventi”, sottolinea. “Dobbiamo renderci conto che anche noi dipendiamo dall’ecosistema: se il pianeta collassa – come sta succedendo ora- anche noi ci perdiamo“.  Un messaggio che ha contribuito e contribuisce a cambiare il nostro atteggiamento nei confronti dei viventi. Goodall non usa mezzi termini, la voce è pacata e il volto sorridente, ma le parole sono durissime: ”Una specie intelligente, come noi diciamo di essere, non distruggerebbe il proprio habitat come stiamo facendo con l’inquinamento, i combustibili fossili e gli allevamenti intensivi: non possiamo continuare a comportarci come se le risorse del pianeta fossero illimitate, perché non è così “.

Un impegno ambientale che include l’attenzione per le comunità umane, “perché non possiamo pensare di salvare l’ambiente se la povertà spinge le persone a distruggere l’ambiente per sopravvivere”, ricorda Goodall: “La buona notizia è che per ogni problema che ho menzionato, e anche per quelli che non ho menzionato, ci sono persone che si impegnano per risolverli”.

E gli ultimi passaggi del suo intervento sono dedicati alle sue “creature”,  l’Istituto Jane Goodall, (www.thejanegoodallinstitute.com/  ) creato nel 1977 a favore della ricerca, l’educazione e la conservazione delle grandi scimmie antropomorfe, e oggi presente in venticinque paesi tra cui il nostro (www.janegoodall.it/ ) e Roots & Shoots (Radici e Germogli), un programma dedicato ai giovani, nato nel 1991 per trasmettere l’idea che il loro impegno civico, anche a livello locale, può contribuire a creare un mondo migliore: “Troppo spesso vedo ragazzi scoraggiati, depressi. Ho pensato di creare un programma per spingerli a fare qualcosa nella loro comunità, a partire da quello che hanno intorno”, spiega Goodall. “In questo modo si sentiranno meglio e saranno spinti da fare di più e a coinvolgere altri. E questo può fare la differenza”.

Ed è un invito che ci riguarda tutti: “Abbiamo fatto un casino in questo pianeta, dobbiamo rimboccarci le maniche, pensare all’impronta ecologica delle nostre azioni, dei nostri acquisti: se stiamo pensando di comprare qualcosa che costa poco perché sfrutta qualcuno, lasciamolo lì ”, ricorda Goodall prima di chiudere il suo intervento in uno scroscio di applausi con un invito ripetuto in coro dai presenti “Together we can. Together we will”.

Jane Goodall con l’attore Leonardo Di Caprio, da sempre paladino dell’ambiente

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