Quando il Natale giunge inopportuno 

 Mentre provo fastidio per gli addobbi, refrattario al clima della festa che si avvicina, basta un gesto d’empatia per farmi cambiare umore

Di Andrea Tomasini – giornalista scientifico

Fatico a riconoscere il senso di questo Avvento. Ci sono sfasamenti che mi colpiscono al punto che pensare che tra meno di un mese sarà “25” mi dà la sensazione che il Natale di questo anno mi giunge inopportuno. Stare accanto a malattia e vecchiaia suggerisce senza sosta che esistono limiti di fronte ai quali il mistero non si penetra nemmeno con l’amore – e il tempo non è sufficiente per colmare le distanze, anzi sembrano s’accrescano a mano a mano che le ore, i giorni, i mesi trascorrono.

Ieri che per lavoro sono uscito e più a lungo son restato fuori ho provato fastidio per gli addobbi, per la frettolosità con cui s’evoca lo scambio dei regali, mentre mi interroga e m’ustiona il senso del Dono di quella mezzanotte di luce e di nascita. Ieri ero doppiamente infastidito, scoprendomi così refrattario al clima. Una coccola me la son voluta fare – un gran caffè a Sant’Eustacchio. Turisti in fila, persone che erano in pausa sedute ai tavolini o in attesa del loro turno al banco. Mi son posizionato in seconda fila al bancone con lo scontrino in mano in attesa che fosse il mio turno, aspettando che chi era prima di me sorbisse il caffè e con il cucchiaino godesse della sensazione di velluto che la schiumetta raccolta e portata alla bocca completasse la gioiosità dell’attimo.

 Dietro al bancone, ben celato, il timoniere della macchina che sapientemente la usa per dispensare soddisfazioni momentanee e il Nostromo che cadenza gli ordini, elencando cosa e quanto resta da fare per servire i clienti. Beh, il Nostromo di ieri si vede che ha notato il mio muso lungo, o forse voleva soltanto staccarsi da tutti – fatto sta che ha accennato qualche movimento coerente con la musica natalizia che faceva da sottofondo al chiacchiericcio e al rumore di caffè in preparazione. Non l’avevo percepita e se non fosse stato per lui me ne sarei andato via senza aver avuto la possibilità d’affacciarmi nella piega che s’era in un attimo creata nel mio umore e nei mie cupi pensieri. Là per un attimo, e non so dire perché, ho avvertito che tra poco sarà Natale senza esserne infastidito, la nostalgia di un ricongiungimento che non so meglio descrivere e un senso di vuoto che non mi dispiacerebbe poi riuscire a colmare…

Il gran caffè era ottimo, amaro come piace a me. Tre volte ho tuffato il cucchiaino nella tazza per raccogliere la tutta la schiuma, la cui meravigliosa consistenza mi ha rallegrato allo sguardo e poi al gusto.

In vespa verso casa ho canticchiato per un po’.


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