La maestra Carmela

Ricordi di scuola: un’esperienza montessoriana

Di Paola Emilia Cicerone – giornalista scientifica

Paoletta, come venivo chiamata alle elementari

A volte Facebook offre dei regali inaspettati: tra i più belli degli ultimi anni, l’incontro, dopo oltre mezzo secolo, con la mia maestra delle elementari. Chi non ricorda “la maestra”? Per molti di noi è la prima persona importante della vita al di fuori della famiglia, indimenticabile soprattutto per chi ha avuto la fortuna di un incontro felice, e di essere seguito per un quinquennio dalla stessa insegnante. Grazie ai contatti con gli ex allievi della mia scuola romana (Scuola Elementare Statale 7° Circolo Montessori Plesso Villa Paganini) circa due anni fa ho potuto scrivere una mail un po’ emozionata che cominciava con le parole “Cara maestra”, e allegava una mia foto d’epoca per rendermi riconoscibile. Così, il rapporto tra una bimba un po’ spaventata e un po’ musona e la sua giovane maestra – che ha insegnato a Villa Paganini dal 1954 al 1998 – si è trasformato in un’amicizia on line tra due signore Over. E ho avuto la gioia di trovare la mia cara maestra impegnatissima a divulgare la pedagogia montessoriana cui ha dedicato la sua lunga carriera, nell’inedito ruolo di blogger: la trovate su https://carmelaalbaranoblog.home.blog/ , con ricordi, testimonianze e approfondimenti preziosi per chi ama la pedagogia e il mondo della scuola .

La maestra Carmela

Così per un po’ sono tornata a essere Paoletta, come mi chiamavano da bambina, e come mi ha sempre chiamato lei, la maestra Carmela – ancora oggi non riesco a chiamarla diversamente – o “Maestra Caramella” come era stata ribattezzata per la sua dolcezza.  La ricordo il giorno del nostro primo incontro, piccolina e paffuta, occhi scuri e un sorriso irresistibile. Sarebbe stato difficile fare di meglio, volendo immaginare una persona adatta a rassicurare una bambina timida, poco avvezza agli estranei e poco convinta dell’esperienza scolastica nonostante il “collaudo” dell’asilo, all’epoca tutt’altro che scontato. Carmela era giovane, ma credo che sapesse già leggere bene nel cuore dei bambini, come ha poi fatto per tutta la vita: mi si avvicinò gentilmente coinvolgendomi in un lavoretto gradevole che riguardava alcune foto di fiori, e alla fine tornai a casa convinta che la scuola non fosse poi così male, e che le giornate trascorse accanto a quella creatura gentile sarebbero state serene.

Villa Paganini era una delle scuole Montessori aperte nella capitale, diretta da Maria Clotilde Pini – per noi la Signorina Pini – allieva di Maria Montessori. E in quelle casette verdi nascoste dalla vegetazione di un bel giardino, lo spirito montessoriano si respirava davvero: “Come medico”, scrive Carmela Albarano nel suo blog, “la Montessori vedeva oltre le medicine, vedeva che era necessario far vivere i bambini, stimolarli, attivarli, renderli partecipi alle proprie funzioni, azioni e reazioni”.

Per chi si avvicinava alla scuola, era un programma fantastico. Quegli anni per me non furono facili, tra malattie e lutti familiari, ma Villa Paganini mi piaceva, sentivo che lì c’erano persone in grado di supportarmi nei momenti difficili. E c’erano tante cose da fare, dalle lezioni di flauto dolce – occasione per massacrare la Barcarola di Offenbach, ma anche pe scoprire che amavo la musica classica – ai lavoretti manuali che realizzavamo per i nostri genitori, con risultati estetici discutibili ma grande divertimento. In retrospettiva, sono ammirata dall’audacia con cui le nostre maestre ci facevano maneggiare forbici, candele e ceralacca, ma evidentemente la loro assistenza attenta ma non opprimente funzionava a dovere, perché non mi ricordo che si sia mai fatto male nessuno. D’altronde, il metodo Montessori punta all’autonomia dei bambini e a promuovere la creatività. Con risultati a volte bizzarri dal punto di vista della disciplina, specie per chi come me era già portato alla contestazione. L’orario scolastico – assai flessibile, come tutto in quelle aule luminose senza i tradizionali banchi e i grembiuli bianchi e neri – prevedeva momenti di lavoro libero, che io dedicavo inevitabilmente ai fascinosi libri della bibliotechina di classe. Ricordo con chiarezza che più volte la maestra mi aveva invitato a fare altro, magari qualche lavoro di gruppo, avendo correttamente individuato le relazioni con i coetanei come il mio punto debole. Ma la mia obiezione era sempre la stessa: “E’ lavoro libero? E allora posso fare quello che voglio. Ed io voglio leggere”. Si deve certamente alla dolcezza della maestra Carmela il fatto che mi abbia definita “ dolce e garbata nel profondo” anche se prevenuta e riservata al primo incontro: un’ennesima carezza, e oggi la gioia rara di parlare con qualcuno che mi ha conosciuta bambina.

A lezione di flauto dolce

E la bambina solitaria che ero cominciò a scoprire proprio in quegli anni la gioia delle amicizie femminili che poi sarebbero state tanto importanti nella mia vita. Grazie anche al bel giardino in cui trascorrevamo i momenti di ricreazione, e che era teatro delle storie avventurose che inventavo e interpretavo per e con le mie amichette.

Proprio poche settimane fa ho avuto la sorpresa di ritrovarne i nomi  sul blog di Carmela Albarano, in un libretto che raccoglie i nostri i componimenti poetici, ennesima testimonianza dell’affetto, assolutamente ricambiato, che ha legato e lega la maestra alle sue classi. Sintetizzato nel suo blog da una “ricetta” infallibile: “ basta arricchirsi del sapere e lasciarsi andare vivendo con i bambini, senza preoccuparsi di essere capaci o meno di disegnare, o di avere o no abilità manuali (se ci si preoccupa, per me, è solo un alibi per non fare).L’importante è avere entusiasmo e dare indicazioni. Nel rapporto adulto-bambino sono importanti la chiarezza, la decisione, la fermezza, la giustizia, la serenità. Basta farsi bambino tra i bambini”.

La mia scuola
Carmela Albarano, oggi attivissima blogger

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