MINNIE LUONGO
Giornalista scientifica
Con piacere, vista la grande richiesta, riproponiamo le mie riflessioni dopo la visita al National September 11 Memorial di New York.

11:29:13 AM “Sono a posto. Ho visto tutto.
Ero sul tetto che guardavo le fiamme del primo schianto
quando ho visto il secondo aeroplano entrar nella seconda torre.
Incredibile, davvero… Ero dentro quando sono caduti.
Ancora nel mio appartamento, nessun posto dove andare…
Questa è la fine del mondo come lo conosciamo…”
I più si mettono le mani davanti alla bocca, forse per impedire di urlare davanti ad un evento inimmaginabile fino a quel momento; altri si prendono la testa fra le mani. “Oh my God”, invece, è l’espressione di incredulità assoluta maggiormente pronunciata da chi, quell’11settembre 2001, assiste alla tragedia. Sono i particolari che mi hanno subito colpito osservando le foto e i filmati all’interno del National September 11 Memorial.
Una delle frasi che poteva sembrarmi retorica fino ad oggi – Dopo l’11 settembre 2001 il mondo non è stato più lo stesso– entrando qui diventa invece dannatamente autentica, come riporta il commento di chi fu testimone della tragedia: “Questa è la fine del mondo come lo conosciamo”.
Il primo posto in cui sono voluta andare, nella mia settimana a New York, è stato questo: all’inizio del 2008 mi aveva accompagnato Liset nel luogo diventato drammaticamente famoso come Ground Zero, l’area nella parte meridionale di Manhattan sulla quale sorgevano gli edifici WTC1 e WTC2, ovvero le Torri Gemelle. Undici anni fa c’era un unico steccato attraverso cui avevo sbirciato per vedere l’enorme buco all’interno. Ora è tutt’altro. A 10 anni esatti dagli attentati, l’11 settembre 2011 è stato aperto un Centro per la memoria delle vittime, mentre il Museo vicino ha aperto i battenti nel 2014.
La mia amica americana ci è stata una volta sola dalla ricostruzione: dice che si avverte aria di morte, e non intende tornarci, e come lei molti cittadini di NY. La mia sensazione (ma è il punto di vista di una semplice turista) è stata l’opposto. Ho visto la rinascita, il desiderio di tornare a vivere senza per questo dimenticare. Anzi.
Un’altra cosa che mi ha positivamente colpito è la sobrietà con cui il Memorial si presenta. Tutt’altro che un’americanata, vien da dire, ma una visita che si consiglia di fare in punta di piedi, con rispetto e silenzio.
Il Museo è un luogo commemorativo sotterraneo dove trovano posto alcuni dei reperti recuperati subito dopo gli attacchi, e pezzi di acciaio che formavano le Torri Gemelle, come l’ultimo pezzo di acciaio che ha lasciato Ground Zero nel maggio del 2002 . Nel luglio 2008, la cosiddetta “Scala dei sopravvissuti”, composta dalla struttura originaria che permise a molti di salvarsi dalle conseguenze dell’attentato, fu il primo manufatto a essere spostato nel museo ed alla fine dell’agosto seguente la costruzione delle fondamenta era terminata. Il 2 settembre gli operai innalzarono la prima colonna del memoriale, pesante 7700 chili, presso l’angolo destro dell’impronta della Torre Nord. In tutto, saranno 9.100 le tonnellate di acciaio installate presso il sito del monumento.
Uscire all’aperto dopo la visita, complice forse il sole inaspettato di quella mattina, ha rappresentato per me la vera sorpresa. Infatti, il fulcro del 9/11 Memorial è costituito da due enormi piscine artificiali a pianta quadrata, le “Reflecting Pools”, ricavate da quelle che una volta erano le fondamenta delle Twin Towers, ed attorno alle quali sono stati piantati oltre 400 alberi di quercia che rendono questa enorme piazza una delle più ecologiche mai costruite al mondo.
I nomi delle 2.983 vittime sono iscritti su 76 placche di bronzo attaccati che formano i bordi delle piscine del Memorial. Sono compresi i nomi delle 2.977 vittime degli attacchi dell’11 settembre a New York, Arlington (Virginia) e Shanksville (Pennsylvania), così come i nomi delle sei vittime che sono state uccise nell’attentato del 1993 al World Trade Center. I nomi sono stati disposti secondo un processo e un algoritmo che è stato usato per creare una “relazione” proprio tra loro. Ad esempio, i nomi delle vittime che si trovavano nella Torre Nord (WTC 1), dei passeggeri e dell’equipaggio del volo American Airlines 11 (che ha colpito la Torre Nord) si trovano attorno al perimetro della North Pool. I nomi delle vittime che si trovavano nella Torre Sud (WTC 2), dei passeggeri e dell’equipaggio del volo United Airlines 175 (che ha colpito la Torre Sud) si trovano attorno al perimetro della South Pool. Qui si trovano anche i nomi delle vittime che si trovavano nelle immediate vicinanze delle Torri Gemelle, dei primi soccorritori che morirono durante le operazioni di salvataggio, dei passeggeri e dell’equipaggio del volo United Airlines 93 (che si schiantò vicino a Shanksville, Pennsylvania), del volo American Airlines 77 (che ha colpito il Pentagono), delle vittime che erano al Pentagono, e delle vittime dell’attentato dinamitardo del 1993 al World Trade Center.
Da ultimo ma certo non per ultimo sorprende il “survivor tree”, l’albero( un pero) diventato un simbolo nel simbolo. Aveva alcune radici strappate, il suo tronco era annerito dalle fiamme, dal fumo, dalla polvere e dal cemento del World Trade Center. Era rimasto per quasi un mese senza vedere la luce del sole, respirando l’aria avvelenata che per mesi dopo l’attentato era ristagnata nella punta Sud di Manhattan. Però era vivo. Ed è sopravvissuto: allora alto poco più di 2 metri, è stato portato nel Parks Department della città di New York, curato per anni e il 23 dicembre del 2010 è tornato a Ground Zero, per essere trapiantato nella terra di New York come un simbolo e sfidare di nuovo il cielo l’11 settembre 2011. Ora è alto più di 9 metri ed è secondo me il simbolo più forte della rinascita e della vita in quest’area di Manhattan.
A questo punto, sono pronta ad avviarmi con animo più lieve a visitare per l’ennesima volta la vicina Statua della Libertà.