Il rumore del silenzio

Un diverso modo di comunicare, spesso più potente di molte parole

di Giovanni Paolo Magistri – biologo

In natura l’interdipendenza tra preda e predatore trova nel silenzio il principale protagonista; l’agguato di un felino nel tentativo di catturare una gazzella è preceduto da un incedere verso la preda in rigoroso silenzio.

La predazione fallirebbe inesorabilmente al rumore di un solo fuscello d’erba spezzato.

I direttori d’orchestra, con cenno di mano delicato, chiedono silenzio prima di cimentarsi e l’esecuzione non potrebbe aver inizio escludendo questo prerequisito fondamentale d’introduzione all’ascoltare; saper servirsi dei silenzi (pause) per dare all’esecuzione il respiro di cui ha bisogno è forse il principale requisito di un bravo musicista ed è per tale ragione che a volte capita che il pubblico rimanga in religioso silenzio al termine di un’esecuzione musicale magistrale; è finita l’esecuzione, ma non la musica.

Leopardi immagina negli “interminati spazi e sovrumani silenzi” l’immergersi in dimensioni senza confini e sconosciuti silenzi per l’essere umano, ed è in quell’atmosfera che il pensiero trova finalmente quiete.

Un silenzio assordante circolava nelle trincee della Grande Guerra prima di sferrare l’attacco alla baionetta; a sera, il ricordo dei caduti era accompagnato dal suono di una tromba che intonava note conosciute a tutti, quelle appunto del “silenzio”.

Il silenzio è un modo diverso di comunicare. Si esprime a volte più delle stesse parole; forse a qualcuno dei lettori sarà capitato di esternare i propri sentimenti ad una persona amata e nel frangente non ricevere risposta. Ahimè, quale dirompente rumore aveva provocato quel silenzio nel nostro cuore!

Nel film “La vita è bella” Guido (Roberto Benigni) pone all’ufficiale nazista il seguente indovinello: se fai il mio nome non ci sono più; chi sono? Preveggente monito al crudele silenzio cui furono relegati gli Ebrei nei campi di concentramento.

Amo sostenere che le note musicali non siano sette ma bensì otto; il silenzio, che non ha né diesis né bemolle, è appunto l’ottava nota, forse anche la più “corretta” perché il silenzio non può mentire.

Per molti religiosi anche Dio usa il silenzio per rammentarci il nostro libero arbitrio:”Padre perché mi hai abbandonato”, sono le ultime parole di Cristo.

Come il bianco è contrapposto al nero, il bene al male, o viceversa, il silenzio è antitesi del “costruire”; è il precursore alla materializzazione del divenire.

Non esiste modo di giudicarlo, di esso si può aver paura come sentirne il bisogno. Di certo non può essere considerato una semplice assenza, in quanto non si può avere bisogno di qualcosa che non c’è; il silenzio è una “condizione” ma non il nulla.

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