
… per fissare in tempo reale le mie emozioni. E così ora nasce il rimpianto
Di Marco Vittorio Ranzoni – giornalista

Sarà che piove da due giorni. Con il cielo lombardo, altre volte prodigo di colori e di tramonti spettacolari e i bei colori accesi dell’autunno slavati dall’acqua, e il buio che cala così presto, nel pomeriggio.
Non so chi ha detto che la malinconia è la felicità di essere tristi, ma mi è sempre piaciuta questa frase, forse perché contiene una forma di autocompiacimento alla quale spesso indulgo e -in fondo- descrive poca sofferenza.
Oggi mi rendo conto che mi abbandono ai ricordi più di quanto abbia mai fatto. Un po’ perché questi aumentano fatalmente con gli anni e poi perché mi sembrano scanditi da un ritmo diverso, diluito e più rassicurante. Mi sono improvvisamente accorto di avere perduto molte occasioni. Non dico occasioni di vivere in modo diverso, di inseguire i miei sogni, di realizzarmi più pienamente. Questi sono rimpianti puerili, che ho già da tempo cancellato: uno si sceglie giorno dopo giorno la vita che fa: in ogni momento abbiamo fatto le scelte -piccole o grandi- che ci hanno portati ad essere ciò che siamo.
No, io parlo delle occasioni di fissare più saldamente quelle emozioni, quell’insieme fatto di momenti, di luoghi e di persone, di frasi, di suoni e di colori. E come avrei potuto racchiuderle nello scrigno, se non scrivendole? Anche malamente, mica siamo tutti scrittori: quel che basta per fermarle. Spesso, quando sto per addormentarmi, mi arrivano come in sogno ricordi nebulosi con quadri vividissimi di fatti vissuti tanto tempo fa.

Forse le sinapsi del mio cervello si connettono oggi in maniera differente, anche l’ossimoro dei ricordi nebulosi e vividissimi ne può essere la prova, ma sta di fatto che quelle narrazioni che arrivano sul cuscino e durano pochi minuti mi lasciano uno strascico misto di tristezza e felicità, che si trasforma poi in un senso di fallimento e di inadeguatezza, per non essere riuscito a fissarle abbastanza da poterle raccontare. E se una cosa non puoi raccontarla, o scriverla, che cos’è? Praticamente è quasi come se non fosse mai esistita.
Invece no, ecco che ti torna alla mente, assonnata o sveglia che sia, e ti rimprovera di non averla saputa descrivere nella sua interezza, con tutti i suoi minuti dettagli e le sfaccettature. Eccolo, il rimpianto.

Non essere stato un fedele cronista dei fatti intimi per me più significativi, non aver mai preso carta e penna per fissare momenti e persone, per raccontarli. Mi accorgo ora di avere vissuto in un’epoca tutto sommato straordinaria, di aver conosciuto o sfiorato e quasi dimenticato persone anche notevoli. Delle quali forse resterà l’impronta in qualche diario di scolaro più diligente.
Mi fa tristezza leggere il suo scritto: penso che lei non abbia x niente elaborato ed accettato profondamente la sua vita..già leggere quell’esordio sui due giorni di pioggia…meno male! Era + che necessaria x la campagna e i boschi!!!
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Marco Ranzoni è laureato in agraria,credo sappia bene quanto la pioggia sia necessaria.il che non esclude che possa avere effetti negativi sull’umore, succede a molti.
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