Lo conferma la scienza: il cervello reagisce alle “tristezze cinematografiche” aumentando la produzione di ormoni del benessere come le endorfine
Di Paola Emilia Cicerone – giornalista scientifica

Chi mi conosce bene lo sa, non sono una che piange facilmente. E qualche volta mi dispiace, perché ci sono momenti in cui un bel pianto aiuta a scaricare la tensione o allontanare la malinconia. Ed è in casi come questi che entrano in gioco le storie strappalacrime. Perché difficilmente reagisco piangendo ai miei guai personali, ma posso farlo seguendo un film, una puntata di una delle mie serie preferite di cui conosco già il finale e gli effetti, o lasciandomi trasportare da una colonna sonora coinvolgente. E non credo di essere la sola.
Qualche anno fa uno studio importante firmato dall’antropologo e psicologo Robin Dunbar ha evidenziato i vantaggi di questi spettacoli per il nostro benessere: il cervello, spiega il ricercatore, non fa una gran differenza tra dolore fisico ed emotivo, e reagisce alle nostre tristezze cinematografiche aumentando la produzione di ormoni del benessere come le endorfine, col risultato di farci sentire meglio. Se poi condividiamo una sala con altri spettatori piangenti, questo contribuisce a creare con loro un legame emotivo promuovendo la socialità. Mentre altri studi mostrano che seguire una storia malinconica può aiutarci a sopportare meglio un dolore vero: i meccanismi in azione, in questo caso, sarebbero due: il realismo della storia narrata e la sua capacità di coinvolgerci. D’altronde le storie, meglio se drammatiche, ci intrigano da sempre. Due dei poemi epici più celebri, Odissea ed Eneide, ruotano proprio attorno alle capacità del protagonista di attirare l’attenzione sulle drammatiche vicende della sua vita, senza dimenticare le storie narrate da Sheherazade o, in tempi più recenti, i drammatici racconti con i quali Otello seduce Desdemona. E se la parola scritta o raccontata ha questo potere, non è difficile immaginare quale possa essere l’impatto di una storia che si dipana sullo schermo accompagnata da una musica e dalle emozioni degli attori.
Quando ero bambina e la televisione offriva assai meno opportunità di oggi, la mia ricetta infallibile se avevo “voglia di piangere” era l’episodio della Morte di Ombretta in Piccolo Mondo Antico. Ancora oggi mi viene la pelle d’oca se ripenso a quelle parole – «Sciora Lüisa! Che la vegna a cà sübet! Che la vegna a cà sübet!» – che segnano il momento in cui tutto cambia, lo spartiacque tra una vita serena e una tragedia senza consolazione.
( potete leggerle qui https://it.m.wikisource.org/wiki/Indice:Piccolo_Mondo_Antico_(Fogazzaro).djvu

Con le immagini, certo, è più facile, se non fosse che i miei percorsi mentali sono abbastanza contorti. Così, nella maggior parte dei casi non piango quando ci si aspetta che lo faccia, non mi coinvolgono tragedie come Schindler List o La vita è bella, e nemmeno drammoni romantici come Titanic. O meglio , in questo ultimo caso è My heart will go on a farmi piangere, (https://www.youtube.com/watch?v=3gK_2XdjOdY ) non le tragedie dei due protagonisti. Poichè sono sensibile alla musica, è un’altra scena che adoro e che non manca mai di farmi piangere è quella in cui, in Tutti insieme appassionatamente, il colonnello Von Trapp canta Edelweiss (https://youtu.be/8bL2BCiFkTk) Tanto da essere rimasta un po’ delusa nello scoprire che quello che immaginavo come un canto popolare in realtà è stato composto per il film.
Ma in genere, pur con qualche eccezione, quello che mi colpisce sono i piccoli dettagli, i momenti in cui qualcosa, per qualcuno, cambia per sempre. E forse l’essenza della malinconia potrebbe consistere proprio in questo sentimento che associa la proiezione di un futuro col senso della perdita. Come, in Ragione e Sentimento, l’istante in cui il colonnello Brandon – interpretato da uno strepitoso Alan Rickman – posa per la prima volta gli occhi sulla ragazza che amerà all’istante contro ogni logica, e che contro ogni previsione riuscirà poi a sposare.

O il “volevo solo dire ciao“ con cui la sorellina del protagonista di ET saluta il piccolo extraterrestre pronto al viaggio che lo riporterà a casa. E poi, naturalmente, c’è il finale de L’attimo fuggente, “O capitano mio capitano”, in cui vedo insieme ribellione e accettazione di una sconfitta e della fine dell’adolescenza.
Ma non sarei io se non facessi stranezze, e quindi tra i film che mi fanno piangere devo annoverare l’amatissimo Blues Brothers. Non perché le avventure dei fratelli in missione per conto di Dio mi rattristino, ma per colpa della canzone che cantano quando sono costretti a esibirsi come gruppo country. Come non commuoversi di fronte a qualche battuta di Stand by your man di Tammy Wynette? (la trovate qui www.youtube.com/watch?v=Psm96Dn9KII )
Devo dire che i film strappalacrime non mi fanno nessun effetto, anzi, li trovo pure a volte ridicoli…invece.non posso vedere scene dove fanno male agli animali…lì si che soffro con occhi ed orecchie chiuse!!!
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Anche a me capita la stessa cosa….Minnie Luongo, direttore Generazione Over60
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Su questo sono d’accordissimo..però io al cinema piango spesso e volentieri..
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