Premessa: nell’altra vita che ho vissuto (quella di insegnante, parallela a quella di giornalista) non ho mai assegnato un tema libero ai miei studenti. Non ho mai voluto farlo. Ritenevo fosse troppo facile scrivere di ciò che si sa e, soprattutto, già mi vedevo a correggere pagine e pagine sul calciatore preferito, sviolinate fasulle sulla propria famiglia (magari prendendo a prestito spot televisivi di adolescenti che si svegliano in un attimo, richiamati dal profumo della colazione), oppure copie di una pagina di un libro di testo imparata a memoria in vista di un’interrogazione…. No, assolutamente no: la traccia del tema dovevo darla io, la Prof.

Questa volta, in qualità di direttore di un magazine, ho fatto l’esperimento. Il risultato è sorprendente: gli amici che collaborano con i propri contributi hanno confezionato un numero davvero di qualità, tanto da farmi quasi pentire di non averci provato ai tempi della scuola.
Bene, ora tocca a me buttare giù l’Editoriale. E che scrivo? Certo, potrei dilungarmi su uno degli infiniti argomenti che mi appassionano, oppure ricordare una persona che ho amato (o detestato), fare sfoggio della mia competenza su un determinato argomento, parlare della variante Delta del Covid e delle apprensioni che sta provocando in tutto il mondo, ma no. … No. E allora?

Vuoi vedere che inaspettatamente provo l’“horror vacui” davanti al foglio bianco? (che poi non è già più bianco, ma questi sono dettagli…). Utilizzata per la prima volta da Aristotele nei suoi studi sulla fisica per sostenere l’inesistenza degli spazi vuoti, l’espressione è stata poi ripresa per indicare il blocco dello scrittore. C’è chi suggerisce, per superare l’impasse, di scrivere la prima cosa che passa per la testa semplicemente perché sentiamo di volerla comunicare, tentando di ignorare ipotetici giudizi esterni e rassicurati dal fatto che successive riletture ci aiuteranno a limare le imperfezioni. Perfino Kafka- il 29 gennaio del 1915- annotava “ancora una volta ho provato a scrivere, praticamente inutile”. E se capitava, e spesso, a Franz Kafka, non dovrebbe succedere ad una scribacchina come la sottoscritta?

Confessione: sempre nell’altra vita, prima di un tema, suggerivo ai ragazzi di farsi una traccia dei punti da seguire (ancora non mi sembra venisse definita “scaletta”), senza buttarsi a capofitto nella scrittura, ma di fare mente locale su ciò che si voleva comunicare. Ebbene, è sempre stato ciò che io non ho mai fatto, né da studentessa né da giornalista o da scrittore.
A scuola cominciavo immediatamente a scrivere ma- qui sta il punto da confessare- non perché sapessi esattamente dove andare a parare, ma per il motivo opposto. Infatti, il più delle volte succedeva che, pensando di voler dimostrare una tesi, procedendo nella scrittura finissi per arrivare a una conclusione del tutto differente.
Più o meno ciò che ho sempre fatto con un articolo o un libro (in quest’ultimo caso scrivere l’Indice per me ha sempre rappresentato un incubo, altro che foglio bianco!). In genere per un articolo se mi arriva subito in mente l’attacco (la frase iniziale, per intenderci), comincio da quello. Poi (a molti miei colleghi forse sembrerà una follia) mi concentro scrupolosamente sui “box”, quegli spazi di qualche riga dedicati ad un approfondimento o ad un inciso. E quindi, a ritroso, costruisco il pezzo. Adesso che ci rifletto, è forse un modo per aggirare l’eventuale ansia da prestazione. Chissà.

Quanto ai libri, pur avendone scritti non pochi, specie nell’ambito dei manuali, ripenso sempre al consiglio di un caporedattore che mi conosceva fin troppo bene: “Pensa di scrivere tanti articoli uno dopo l’altro, ma non necessariamente in successione, e non un libro”. E così ho sempre fatto.
Mi accorgo ora che anche l’Editoriale è giunto alla conclusione. Sempre seguendo il mio metodo/non metodo. Tant’è vero che avrei voluto partire dalla spiegazione delle foto di copertina, ma poi ho cambiato in corsa e me ne sono dimenticata… Infine, per essere coerente con quanto detto, terminerò con il box che, in realtà, è stata la prima cosa che avevo scritto per questo Editoriale.
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E che ci voleva a scrivere un Editoriale sul tema libero?! Buona lettura e al prossimo mese!
Minnie Luongo